L’indennità di maternità, se non fruita dalla madre, spetta anche al padre libero professionista sia per la nascita che per l’adozione. Ciò al fine di garantire la parità di trattamento tra le due figure (dipendenti e libero professionisti); differenze che di certo non possono in alcun modo riguardare il diritto a partecipare, in egual misura tra padre e madre, alla vita familiare.
Da qui, la pronuncia della Corte Costituzionale che, con Ordinanza 23 maggio 2018, n. 105 ha esteso il congedo, in ossequio al principio di uguaglianza, anche ai padri liberi professionisti. Vediamo tutti i dettagli nelle righe che seguono.
Indennità di maternità per la libera professionista
La Corte d’appello di Trieste ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 70 e 72 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui si preclude l’accesso all’indennità di maternità al padre adottivo in sostituzione della madre che abbia rinunziato alla prestazione.
Si ricorda che per effetto dell’art. 70 del decreto legislativo appena menzionato, alle libere professioniste, iscritte a una cassa di previdenza e assistenza, è corrisposta un’indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa. L’indennità è pari all’80% di cinque dodicesimi del reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dalla libera professionista nel secondo anno precedente a quello della domanda.
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Indennità di maternità in caso di adozioni e affidamento
Il successivo art. 72 del Testo Unico maternità e paternità stabilisce che l’indennità spetta anche alle libere professioniste in caso d’ingresso del bambino adottato o affidato, a condizione che non abbia superato i sei anni di età.
Maternità e paternità: parità di trattamento
Secondo la Corte Costituzionale (Ordinanza n. 105/2018), l’esclusione dalla prestazione di indennità di maternità al padre adottivo, in sostituzione della madre che abbia rinunciato al trattamento, contrasta con il diritto di uguaglianza sancito dall’art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione.
Nell’ipotesi di adozione, infatti, è necessario garantire la parità di trattamento dei genitori con riguardo alla fruizione dell’indennità di maternità (art. 31 del D.Lgs. n. 151/2001), che attribuisce al padre il diritto al congedo, quando non sia richiesto dalla madre. Nel caso di specie, non si ravviserebbe alcuna ragione “per una tutela diversificata della sola figura materna”.
Tale disparità, tra l’altro, è contrario sia al principio di parità di trattamento tra le figure genitoriali e fra lavoratori autonomi e dipendenti, sia del valore della protezione della famiglia e della tutela del minore. Inoltre, la ratio degli istituti a tutela della maternità non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati alla difesa del preminente interesse del bambino che va tutelato non solo per ciò che attiene ai bisogni più propriamente fisiologici, ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono collegate allo sviluppo della sua personalità.
In definitiva, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 70 e 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nel testo antecedente alle modificazioni apportate dal Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 80, sollevate dalla Corte d’appello di Trieste, stabilendo che anche il padre libero professionista può fruire in sostituzione della madre dell’indennità di maternità.