La Corte di Cassazione, con sentenza nr. 77 del 3 gennaio 2011 ha stabilito che in caso di licenziamento senza forma scritta, il lavoratore non beneficia della tutela prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ma, può far valere la nullità del provvedimento e chiedere il risarcimento del danno, pari alle retribuzioni perdute.
La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava nullo il licenziamento intimato oralmente dal datore di lavoro al proprio lavoratore e, condannava il datore al risarcimento del danno pari alla misura della retribuzione per i tre anni successivi al licenziamento.
Contro tale sentenza, l’azienda proponeva ricorso in Cassazione. Il lavoratore, dal canto suo con contro ricorso, lamentava la circostanza che il danno liquidato fosse riferito solo a tre anni e non a tutto il tempo dovuto. Secondo gli Ermellini, risulta palese la natura di rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra lavoratore e datore poichè, il primo era assoggettato alle direttive della datrice circa le mansioni da svolgere, ad un orario di sei ore al girono, all’obbligo di giustificare le assenze nonchè, di chiedere ferie e permessi.
Secondo la Corte, “il lavoratore in caso di licenziamento senza forma scritta, come previsto dall’art 2 L. 604/66, non beneficia della tutela prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ma può ben far valere la nullità del licenziamento che non interrompe la continuità del rapporto di lavoro.
La mancata esecuzione della prestazione, imputabile al datore di lavoro, genera così il diritto al risarcimento del danno, solitamente pari alle retribuzioni perdute”.