Lo svolgimento di un’attività lavorativa autonoma così come quella nella fattispecie di collaborazione coordinata e continuativa, in quanto suscettibile di redditività, fa cessare lo stato di bisogno connesso alla disoccupazione involontaria e comporta il venir meno tanto del diritto all’indennità di disoccupazione quanto del diritto all’indennità di mobilità.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione Civile, con sentenza n. 20826 dello scorso 2 ottobre 2014.
Indennità di mobilità e contratto di collaborazione
Una contribuente ricorreva in giudizio avverso all’Inps per richiedere la dichiarazione di illegittimità dei provvedimenti di revoca del beneficio dell’indennità di mobilità e di cancellazione dalle relative liste, oltre che del recupero di somme erogate a tale titolo. L’INPS costituendosi eccepiva l’intervenuta decadenza del ricorrente dal beneficio anzidetto Legge n. 223 del 1991, ex articolo 9, in relazione alla mancata comunicazione, nel termine di 5 giorni, dell’inizio di attività lavorativa.
Il Tribunale di Ascoli Piceno con sentenza del 19.06.2005 accoglieva il ricorso, ritenendo la compatibilità dell’indennità di mobilità con l’esercizio di lavoro autonomo, sulla base della normativa relativa all’anticipazione dell’indennità stessa.
L’INPS ricorreva quindi in appello presso la Corte di Appello di Ancona con sentenza n. 749 del 2008, la quale ha osservato che:
la ratio dell’indennità di mobilità è di garantire un reddito al lavoratore, in attesa di nuova occupazione; sicche’, quando il predetto, in via precaria o definitiva, percepisce un reddito da lavoro dipendente o autonomo, l’erogazione non ha piu’ ragion di essere. E nel caso di specie la (OMISSIS) non ha mai dedotto di avere svolto attività di amministratore di società di capitale a titolo gratuito, avendo a suo tempo comunicato all’INPS di avere intrapreso attività di collaborazione coordinata e continuativa retribuita.
La Corte territoriale conclude sostenendo che si era perfezionata la fattispecie della cessazione della disoccupazione involontaria e quindi era venuto meno il presupposto dell’erogazione dell’indennità di mobilità.
Ricorso in Cassazione
La contribuente ricorreva quindi in Cassazione adducendo a proprio favore che:
le disposizioni relative alla mobilità indennizzata non prevedono in maniera espressa la cancellazione dalla lista e la perdita del diritto alla percezione dell’indennità di mobilità nell’ipotesi di svolgimento di lavoro autonomo ovvero parasubordinato, o di altra natura diversa da quella subordinata.
Inoltre, l’esercizio di attività di lavoro autonomo non comporta automaticamente incompatibilità con l’indennità di mobilità, essendo consentito al lavoratore in mobilità beneficiare di tale indennità anche in una unica soluzione.
Per la Cassazione però
l’indennità di mobilità in un’unica soluzione persegue la finalità di indirizzare ed incentivare il disoccupato in mobilità verso attività autonome, al fine di ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato: l’indennità di mobilità assume così la funzione di un contributo finanziario destinato a sopperire alle spese iniziali di un’attività che il lavoratore in mobilità svolgerà in proprio, perdendo la sua connotazione di tipica prestazione di sicurezza sociale. Il carattere speciale della norma non consente di farne applicazione al di fuori dei casi in essa previsti ne’ consente di trarne l’affermazione di un principio generale di compatibilità della percezione dell’indennità con lo svolgimento di lavoro autonomo.
Invero lo svolgimento di un’attività lavorativa autonoma, come, nella specie, quella collaborazione coordinata e continuativa, suscettibile di redditività, fa cessare lo stato di bisogno connesso alla disoccupazione involontaria e comporta il venir meno tanto del diritto all’indennità di disoccupazione quanto del diritto all’indennità di mobilità.
La Corte rigetta il ricorso.
Cassazione sentenza 2 ottobre 2014, n. 20826 (154,5 KiB, 1.769 hits)