Un nuovo ed importantissimo passo avanti nella lotta alla pandemia è stato recentemente compiuto. Infatti, nell’ottica di estendere ulteriormente l’elenco dei luoghi in cui è possibile vaccinare le persone contro il coronavirus, va interpretata la doppia intesa raggiunta tra Governo; imprese e sindacati sulla revisione del protocollo (del 24 aprile 2020) condiviso con le regole anti Coronavirus per i luoghi di lavoro; e l’avvio della vaccinazione covid in azienda.
Come ribadito più volte dal nuovo Commissario per l’emergenza Figliuolo, occorre vaccinare in tutti i luoghi ove è possibile materialmente farlo. Di fatto superando barriere ed intoppi burocratici che possono solo rallentare la campagna di vaccinazione nella penisola.
Ecco dunque un nuovo e importante strumento operativo – che funzionerà in via parallela agli altri canali di cui al Piano strategico nazionale predisposto dal Commissario Straordinario – per la vaccinazione anti coronavirus, senza distinzioni geografiche né di età o condizione. Vediamo dunque più da vicino le novità in questo ambito e i dettagli essenziali in tema di vaccinazione covid nei luoghi di lavoro.
Vaccinazione covid in azienda: accordo raggiunto. ma non scontato
Da rimarcare che trovare una linea comune ed un’intesa, pur su un tema così delicato come quello della lotta alla pandemia, non è stato facile. Ma il presidente Confapi Maurizio Casasco, si ritiene complessivamente soddisfatto dell’esito degli incontri tra Esecutivo, imprese e parti sociali: “L’accordo siglato è molto importante in questo momento così delicato e complicato che vive il nostro Paese. Non è stato semplice arrivare a questa firma condivisa, ma ha prevalso il senso di responsabilità.
Portando avanti le istanze e gli interessi delle nostre PMI, Confapi ha ritenuto doveroso intraprendere un’opera di mediazione. In questo momento così difficile per la nostra economia, l’Italia non può permettersi fratture tra le parti sociali: è necessario capire che l’avversario da combattere sono il Covid e le sue varianti. E l’accordo va propria in questa direzione”.
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Le parole usate da Casasco ben chiariscono che l’intesa è stata il frutto di una articolata discussione, che ha coinvolto anche i Ministeri del Lavoro; dello Sviluppo Economico e della Salute. Il punto cruciale è stato lo spirito di collaborazione di tutte le parti coinvolte. Anzi, sulla scorta dell’esperienza del recente passato, lo stesso Ministro del Lavoro Orlando si augura, da ora in poi, un dialogo maggiormente costruttivo con le parti sociali.
Non c’è infatti soltanto la questione vaccinazione covid in azienda a tener banco: all’orizzonte emerge l’urgenza della riforma degli ammortizzatori sociali e la necessità di trovare una soluzione alle crisi industriali. Con le parti sociali da discutere, altresì, la fase delle riaperture delle attività e della ripartenza. Soffermandosi poi sulla vaccinazione covid in azienda, di cui al citato accordo, il Ministro Orlando ha parlato di intesa perfettibile, ma comunque pilastro per la ripresa del Paese.
Vaccino in azienda: quale sarà il meccanismo?
A questo punto, vediamo più da vicino come potrà funzionare la fase della vaccinazione covid in azienda. Da rimarcare, anzitutto, che si tratterà di una mera facoltà e non di un obbligo: pertanto la possibilità di somministrare il vaccino sui luoghi di lavoro è di fatto offerta a tutte le imprese, che potranno poi scegliere – in piena libertà – se procedere con le vaccinazioni nei luoghi aziendali oppure no.
Non solo: per favorire l’iniziativa delle aziende più piccole, e quindi dotate di strutture insufficienti, è stato previsto che queste possano accordarsi con quelle più grandi, per una sorta di gestione ‘corale’ della vaccinazione. Altrimenti, le piccole imprese possono fare riferimento alle strutture della rete INAIL, sparse a livello territoriale.
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Diritto di vaccinarsi per tutti i lavoratori, non obbligo
Attenzione però ai dettagli: infatti, non sono previsti requisiti minimi di ambito dimensionale né limitazioni di categoria; inoltre, la vaccinazione sarà concessa a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla tipologia contrattuale con cui sono legati al datore di lavoro. E altro dato assolutamente degno di nota: i lavoratori saranno pienamente liberi di scegliere la vaccinazione covid in azienda oppure rifiutarla.
Nell’accordo si può infatti leggere che le somministrazioni del vaccino “dovranno essere realizzate e gestite nel pieno rispetto della scelta volontaria rimessa esclusivamente alla singola lavoratrice e al singolo lavoratore; delle disposizioni in materia di tutela della riservatezza; della sicurezza delle informazioni raccolte ed evitando, altresì, ogni forma di discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti”.
Insomma, si può implicitamente dedurre che non dovranno esservi differenziazioni di alcun tipo tra lavoratori vaccinati e lavoratori non vaccinati.
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Le regole in tema di orario di lavoro e giorni di malattia
Nell’ottica della piena tutela dei diritti dei lavoratori, sono da leggersi due ulteriori previsioni di cui all’accordo sopra citato:
- se la vaccinazione covid in azienda sarà svolta durante l’orario di lavoro, il tempo usato per la somministrazione dovrà ritenersi equiparato all’orario di lavoro. Quindi nessun rischio per il lavoratore, sul piano retributivo;
- gli eventuali giorni successivi alla somministrazione del vaccino, in cui il vaccinato manifesti effetti avversi, saranno considerati come giorni di malattia.
Il protocollo recentemente firmato inoltre garantisce la vaccinazione anche ai lavoratori di imprese che non si avvalgono delle prestazioni di un medico competente; o che non possono fare riferimento a strutture sanitarie private. In dette circostanze, sarà determinante il supporto della rete INAIL e delle sue strutture sanitarie, con oneri a carico dell’ente.
Scudo penale per il personale sanitario e avvio delle somministrazioni: i tempi
Per per gli operatori sanitari, addetti all’inoculazione del vaccino. è previsto comunque lo scudo penale. Di quest’ultimo si è parlato più volte negli ultimi giorni: giova di seguito ricordare di cosa si tratta. Per comprendere che cos’è lo scudo penale, occorre leggere l’art. 3 del decreto legge 44 del 1° aprile 2021 (“Responsabilita’ penale da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2“). In buona sostanza, si tratta di un provvedimento “a tempo determinato” – mirato a garantire protezione fino alla conclusione della campagna vaccinale straordinaria – che esclude conseguenze penali per il personale sanitario, laddove dalla somministrazione dei vaccini dovessero derivare i reati di omicidio colposo o lesioni colpose e sempre che, in ogni caso, la somministrazione del vaccino sia rispettosa delle regole cautelari, relative all’attività di vaccinazione.
Per quanto riguarda, invece, l’avvio vero e proprio delle somministrazioni, questo è stato programmato per il mese di maggio; proprio per iniziare con la vaccinazione covid in azienda quando gli over 70 dovrebbero già essere stati tutti (o quasi) vaccinati. Le autorità vogliono infatti mirare al pieno rispetto di criteri di coordinamento e organizzazione capillare della rete di vaccinazioni sul territorio, senza creare confusione.
Le aziende devono redigere un piano da presentare alle ASL
I datori di lavoro che scelgono la vaccinazione covid in azienda debbono rispettare un significativo obbligo. Ossia quello di predisporre un piano aziendale, da presentare all’azienda sanitaria di riferimento, dettagliando “il numero di vaccini richiesti per le lavoratrici e i lavoratori disponibili a ricevere la somministrazione; in modo da consentire all’Azienda Sanitaria la necessaria programmazione dell’attività di distribuzione“.
Concludendo, dal lato ‘economico’, è da rimarcare che le spese per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali citati, “ivi inclusi i costi per la somministrazione, sono interamente a carico del datore di lavoro”. Discorso diverso per quanto riguarda “la fornitura dei vaccini; dei dispositivi per la somministrazione (siringhe e aghi); e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite“, in quanto tutto ciò è da intendersi “a carico dei Servizi Sanitari Regionali territorialmente competenti“.