Una recente ricerca dell’ente previdenziale INPS ha messo in luce alcuni dati rilevanti in relazione alle pensioni percepite dagli italiani, e alla speranza di vita dei lavoratori. Si tratta del rapporto annuale INPS, che chiarisce alcuni importanti dati sull’occupazione, sul lavoro, sulle pensioni e su diverse misure erogate ai cittadini italiani.
Un primo dato interessante rileva come l’occupazione, nonostante l’arrivo di eventi che hanno sconvolto l’economia del paese, come l’inflazione, e le recenti dinamiche geopolitiche, stia attualmente al 61%, dato che rileva la capacità di ripresa del paese.
Un dato meno positivo riguarda invece la speranza di vita dei lavoratori in Italia, per cui l’INPS rileva che gli operai hanno 5 anni in meno, come media, di vita rispetto ai dirigenti. Vediamo nel dettaglio i principali dati forniti dal rapporto annuale INPS.
Rapporto annuale INPS: lavoratori e pensionati
Il rapporto annuale dell’ente previdenziale rileva come gli assicurati INPS ad oggi raggiungono il 95% dei lavoratori, con un aumento rispetto al 2019. Crescono i lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS, anche se il lavoro autonomo ha registrato nell’ultimo periodo una contrazione, da valutare anche in base al lieve calo nelle aperture di Partite Iva nel paese.
Hanno registrato un decisivo aumento anche i contributi sociali erogati ai cittadini, che nel 2022 hanno raggiungo la somma complessiva di 236,3 miliardi di euro. L’INPS a proposito del lavoro cita anche i Working Poors, ovvero i “lavoratori poveri”: sono aumentati negli ultimi anni i lavoratori che, nonostante l’effettivo impiego nel mondo del lavoro, hanno ricavi troppo bassi per potersi sostenere, ovvero hanno una retribuzione inferiore al 60% del valore medio.
Sulle pensioni, l’INPS comunica i dati sui pensionati italiani presenti attualmente, la cui cifra rimane invariata intorno ai 16 milioni di persone, con il 52% di prevalenza femminile. L’INPS considera nel suo rapporto anche gli ultimi andamenti dell’economia, per cui si è assistito ad una crescente inflazione, con diminuzione del potere di acquisto dei cittadini italiani.
A questo proposito va ricordato che ogni anno vengono adeguate le pensioni agli indici Istat sugli indici dei prezzi la consumo, per cui negli ultimi anni si è assistito ad un leggero aumento. Rimane aperto il problema della sostenibilità del sistema pensionistico italiano, soprattutto in previsione delle nuove generazioni.
Un dato che ha fatto notizia riguarda invece la speranza di vita dei lavoratori, che come vedremo tra poco è minore per coloro che lavorano come operai, rispetto ai dirigenti.
Gli operai vivono in media 5 anni in meno rispetto ai dirigenti
I dati INPS rilevano che la speranza di vita non è uguale per tutti i lavoratori. Mediamente un lavoratore dipendente che si trova in una fascia di reddito bassa ha una speranza di vita intorno ai 67 anni, mentre un dirigente ha una speranza di vita media più elevata almeno di 5 anni.
Si tratta di una disuguaglianza non da poco, che mette in luce un divario che evidenzia una certa iniquità tra i diversi lavoratori. In particolare questa differenza rileva che le disuguaglianze di reddito corrispondono anche ad altrettante disuguaglianze nella speranza di vita.
Non è una panoramica positiva quindi, che mette in luce importanti differenze sociali in base alla tipologia di lavoro svolto. A questo si somma il fatto che in media un lavoratore operaio percepisce uno stipendio, e di conseguenza una pensione, inferiore rispetto a quelli di un dirigente.
I divari tuttavia non riguardano solamente la tipologia di lavoro svolto, ma anche il genere. In Italia infatti continua ad essere marcato il divario tra lavoratori e lavoratrici donne, a svantaggio di queste ultime.
Ultimi dati INPS: le differenze di genere
I dati INPS vanno a confermare anche quelle che sono le disuguaglianze di genere presenti non solamente nel mercato del lavoro, ma di conseguenza nel percepire una pensione. La frammentazione dei contratti ad oggi è uno dei principali motivi per cui spesso è difficile raggiungere una pensione ottimale terminato il periodo di lavoro.
E questo fattore influisce negativamente soprattutto sulle donne, per cui la discontinuità lavorativa è causata non solo da un mercato del lavoro di difficile ingresso per le lavoratrici, ma anche dalle interruzioni dei periodi di lavoro causate dalle gravidanze.
Questi fattori portano ad una differenza di genere anche negli importi delle pensioni percepite dalle lavoratrici, rimarcata dalle differenze di salario ancora presenti sul lavoro. Per le lavoratrici è presente al momento una misura, Opzione Donna, che permette di accedere in anticipo all’indennità pensionistica.
INPS, pensioni e giovani generazioni
Uno dei problemi più volte sottolineati nell’ultimo periodo, che ha generato non pochi appelli di intervento al governo, è quello che riguarda le giovani generazioni, per cui l’accesso alla pensione sembra sempre più lontano.
Coloro che fanno l’ingresso nel mercato del lavoro in questi anni infatti si trovano di fronte a molti fattori che portano alla discontinuità del versamento dei contributi.
Questa discontinuità difficilmente può portare ad una pensione dignitosa per i giovani nel futuro, per cui si prevede che queste generazioni difficilmente arriveranno alla pensione già a 67 anni di età. Anche se il mercato del lavoro segna una lieve crescita dell’occupazione nell’ultimo periodo, non sempre questo corrisponde a contratti a tempo indeterminato o lineari nel tempo.
Per questo motivo si attende un intervento del governo per portare avanti una riforma del sistema pensionistico in grado di rispondere anche a queste problematiche. Su questo punto tuttavia bisogna ancora attendere, perché non arriveranno cambiamenti sostanziali nel 2024. Si prevede un ritorno di alcune misure di prepensionamento, come l’Ape Sociale o Opzione Donna, ma nessun cambiamento strutturale sostanziale.