Cos’è, come funziona e quali sono i termini di prescrizione dei crediti da lavoro dipendente? Quali sono i termini di prescrizione dei crediti retributivi? Iniziamo col dire che la prescrizione è un istituto giuridico che prevede l’impossibilità di esercitare un diritto, una volta decorso un periodo di tempo disciplinato per legge. Di norma troviamo la prescrizione ogni qualvolta all’esercizio di un diritto è collegato l’adempimento di un soggetto diverso dal titolare, al fine di non lasciare il primo in una condizione di perenne incertezza, determinata dalla minaccia che il secondo possa, in qualsiasi momento, pretendere una determinata prestazione.
Nei rapporti di lavoro la prescrizione dei crediti retributivi può interessare la pretesa del dipendente a vedersi erogato il compenso a fronte dell’attività manuale e / o intellettuale svolta in favore dell’azienda. Il datore di lavoro che omette o ritarda il pagamento delle somme dovute determina in capo al dipendente il diritto a percepire i cosiddetti “crediti retributivi”. Allo stesso modo bisogna considerare la prescrizione differenze retributive nel caso appunto vi siano differenze sulla busta paga.
Aggiornamento: La Direzione Centrale Coordinamento Giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), ha emanato la nota n. 1959 del 30 settembre 2022, con la quale fornisce alcuni chiarimenti in merito alla decorrenza del termine quinquennale di prescrizione dei crediti da lavoro, al fine di garantire al personale ispettivo una corretta adozione del provvedimento di diffida accertativa.
Tale diritto è soggetto a precisi termini di prescrizione decorrenti, a seconda dei casi, in costanza di rapporto ovvero dalla cessazione dello stesso. In particolare, possiamo distinguere tra prescrizione presuntiva (legata al ribaltamento dell’onere della prova) ed estintiva, al cui spirare viene meno il diritto alle somme dovute dall’azienda.
Alla prescrizione ed al diritto di ottenere il compenso è legato il successo di tutta una serie di azioni che il lavoratore può attivare nel caso in cui l’azienda ometta o ritardi il pagamento dello stipendio, primo fra tutti il ricorso in Tribunale in funzione di giudice del lavoro.
Analizziamo la disciplina in dettaglio.
Prescrizione dei crediti da lavoro dipendente: quante tipologie di prescrizione esistono
Esistono due tipi di prescrizione:
- La prescrizione estintiva, a seguito della quale viene meno la possibilità di esercitare un determinato diritto acquisito;
- La prescrizione presuntiva, decorsa la quale si inverte l’onere della prova circa l’avvenuto pagamento di un credito a beneficio del lavoratore.
Con riferimento al secondo punto, poniamo il caso di un dipendente il quale non fa valere il diritto al compenso per la prestazione svolta. Decorso il periodo di prescrizione presuntiva, il credito si intende soddisfatto.
Leggi anche: Mancato pagamento dello stipendio: cosa fare e come difendersi
Al contrario, prima dello spirare del termine, spetta all’azienda fornire la prova circa l’estinzione del debito vantato dal dipendente e dimostrato a mezzo del cedolino paga.
Ricadere in una o nell’altra tipologia di prescrizione ha effetti importanti in termini di durata della stessa, posto che la prescrizione estintiva ha logicamente una scadenza maggiore rispetto a quella presuntiva.
Prescrizione dei crediti retributivi: termini di prescrizione
Passiamo ora a vedere nel dettaglio le due tipologie di prescrizione dei crediti da lavoro dipendente sulla base dei termini di prescrizione; ovvero la prescrizione estintiva e la prescrizione presuntiva.
Prescrizione estintiva
Sebbene non ci sia, normativamente parlando, un chiaro riferimento ai compensi dovuti al lavoratore, l’interpretazione dominante in dottrina considera la retribuzione compresa nella categoria di cui all’articolo 2948 n. 4 del Codice civile.
La norma in questione elenca una serie di somme per cui ricorre la prescrizione estintiva quinquennale. Tra queste, al punto 4) si riportano “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.
Di conseguenza, sono soggette alla prescrizione (cosiddetta “breve”) di 5 anni (art 2948 cc) le somme pagate:
- Con periodicità annuale;
- Con periodicità inferiore all’anno (ed è appunto il caso della retribuzione);
compresi gli interessi calcolati sulle somme citate.
Oltre alla normale retribuzione, la prescrizione quinquennale si estende a:
- Compenso per festività non goduta cadente di domenica;
- Compensi relativi a ferie, permessi e mensilità aggiuntive;
- Corrispettivo riconosciuto a fronte del patto di non concorrenza;
- Aumenti tabellari a seguito di rinnovi del contratto collettivo nazionale di lavoro;
- TFR, indennità sostitutiva del preavviso e qualsiasi altra somma o indennità riconosciuta alla cessazione del rapporto;
- Prestazioni erogate dai Fondi Pensione.
Prescrizione presuntiva
Come anticipato, la prescrizione presuntiva ha termini inferiori rispetto a quella estintiva. I riferimenti normativi sono sempre forniti dal Codice civile.
In particolare:
- Le retribuzioni corrisposte per periodi superiori al mese, come le mensilità aggiuntive, sono soggette a prescrizione triennale ai sensi dell’articolo 2956 n. 1;
- Le retribuzioni riconosciute per periodi non superiori al mese, è il caso della busta paga mensile, soggiacciono alla prescrizione annuale, a norma dell’articolo 2955 n. 2.
Leggi anche: Diffida accertativa per crediti patrimoniali: cos’è e come funziona
Decorrenza della prescrizione dei crediti da lavoro
Le differenze tra prescrizione presuntiva ed estintiva proseguono in tema di decorrenza dei termini.
La prescrizione presuntiva inizia a decorrere dalla “scadenza della retribuzione periodica o dal compimento della prestazione” (articolo 2957 Codice civile).
Discorso diverso per la prescrizione estintiva. Per costante giurisprudenza, i termini di prescrizione decorrono:
- Dal momento in cui si interrompe il rapporto di lavoro, se il dipendente si trova in una condizione di sudditanza psicologica, dove la paura del licenziamento lo porta a rinunciare ai propri diritti;
- Al contrario, si ravvisa la decorrenza della prescrizione dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, di conseguenza in costanza di rapporto, in tutti quei rapporti di lavoro “stabili”, regolati cioè da una “disciplina la quale sul piano sostanziale subordini la legittimità e l’efficacia della risoluzione alla sussistenza di circostanze obiettive e predeterminate e, sul piano processuale, affidi al giudice il sindacato su tali circostanze e la possibilità di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo”, così la sentenza della Cassazione Sezioni Unite numero 1268 del 17 aprile 1976.
Riforma Fornero e Jobs Act: modifiche alla prescrizione dei crediti da lavoro dipendente
A seguito delle modifiche introdotte dalla Riforma Fornero prima (L. n. 92/2012) e dal “Jobs Act” poi (Dlgs. n. 23/2015) in tema di tutele contro i licenziamenti illegittimi e del carattere “stabile” o meno del rapporto di lavoro si ritiene che:
- Per i cosiddetti “vecchi assunti” (soggetti alla tutela prevista dalla Riforma Fornero) la prescrizione decorre in costanza di rapporto di lavoro se l’illegittimità del recesso è protetta dalla reintegrazione sul posto di lavoro (cosiddetta “tutela reale”), mentre si calcola dalla cessazione del rapporto se è riconosciuta soltanto un’indennità di natura economica;
- Al contrario per i “nuovi assunti” (interessati dal regime delle “tutele crescenti” previsto dal “Jobs Act”) la prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto, in quanto la reintegrazione sul posto di lavoro è conseguenza residuale rispetto al ristoro economico.
Si segnala tuttavia un diverso orientamento della giurisprudenza di merito (Tribunale di Milano sentenza n. 3460 del 16 dicembre 2015), in base al quale a seguito del depotenziamento del sistema delle tutele reali ad opera della Riforma Fornero, la prescrizione quinquennale decorre comunque dalla cessazione del rapporto.
Sempre la giurisprudenza di merito (Tribunale di Roma sentenza n. 4125 del 21 maggio 2018) ha al contrario sostenuto che “anche dopo la riforma introdotta dalla legge n. 92 del 2012, permanendo la necessità che il licenziamento sia collegato ad esigenze specifiche e predeterminate e potendo, in difetto, il giudice rimuoverne gli effetti” deve ritenersi applicabile il principio della decorrenza della prescrizione in corso di rapporto, quando quest’ultimo è da considerarsi “stabile”.