In base a quanto disposto dal Decreto Agosto (art. 14 del D.L. n. 104/2020), le risoluzioni dei rapporti di lavoro, ovvero i licenziamenti, a seguito di accordo collettivo, devono essere esposti nel flusso Uniemens con il nuovo codice Tipo cessazione “2A”, avente il significato di:
“Interruzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro”.
I datori di lavoro che abbiano utilizzato un codice “Tipo cessazione” diverso da quello sopra indicato, dovranno procedere alle necessarie correzioni. A specificarlo è l’INPS con il messaggio n. 528 del 5 febbraio 2021. Al riguardo, sono stati forniti alcuni chiarimenti in merito agli aspetti contributivi conseguenti nei casi di interruzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale e di revoca del licenziamento, ovvero dalle ipotesi escluse dal blocco generalizzato di interruzione dei rapporti di lavoro per l’emergenza Covid.
Ecco i dettagli.
Blocco dei licenziamenti: fino a quando
La Legge di Bilancio 2021 ha prorogato e rimodulato le disposizioni in materia di blocco dei licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo. La disposizione normativa, in particolare, disciplina le ipotesi al ricorrere delle quali ai datori di lavoro è precluso l’avvio del licenziamento collettivo.
Tale norma si applica alla sospensione delle procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020. Inoltre, prevede le ipotesi nelle quali il datore di lavoro non può esercitare la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo.
Il divieto di licenziamento è stato prorogato fino al 31 marzo 2021.
Divieto di licenziamento: le deroghe
Esistono, tuttavia, alcune eccezioni alle suddette preclusioni. In particolare, il co. 3 dell’art. 14 del D.L. n. 104/2020 dispone che il divieto di licenziamento non si applica:
in caso di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo.
Analogamente, le medesime eccezioni non si applicano nell’ipotesi di un accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, che consente l’accesso all’indennità NASpI ai lavoratori che vi aderiscono.
L’interruzione del rapporto di lavoro, quindi, interviene a seguito di una risoluzione consensuale, ossia tramite accordo collettivo aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (non anche con accordi territoriali o nazionali) di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Revoca del licenziamento
Il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nell’anno 2020, abbia proceduto al recesso dal contratto di lavoro per GMO, può revocare in ogni tempo il recesso. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro”.
In sostanza, il datore di lavoro poteva revocare i licenziamenti per GMO, a condizione che lo stesso inoltrasse contestualmente richiesta di trattamento di integrazione salariale, con decorrenza dalla data di efficacia del licenziamento revocato.
La revoca dei licenziamenti è quindi stata possibile dal 15 agosto 2020 al 13 ottobre 2020. A seguito della revoca del licenziamento il rapporto di lavoro è ripristinato senza soluzione di continuità e il lavoratore beneficia del trattamento di integrazione salariale.
Pertanto, il rapporto di lavoro deve considerarsi sospeso per il periodo che intercorre tra:
- la data del licenziamento;
- e la data della sua revoca e per tutta la durata dell’integrazione salariale; al termine della quale decorrono nuovamente gli obblighi contributivi in capo al datore di lavoro.
Quote di TFR
Si ricorda, infine, che durante i periodi di CIG, le quote di TFR maturate restano a carico del datore di lavoro.
I datori di lavoro soggetti alla disciplina del Fondo di Tesoreria, pertanto, devono versare al predetto Fondo le quote di TFR maturate dal lavoratore a decorrere dalla data del licenziamento revocato e durante il periodo di integrazione salariale.