L’intelligenza artificiale – IA, com’è noto, ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, aprendo a nuove applicazioni ed utilizzi che giovano non soltanto ai cittadini nel loro complesso, ma anche ai lavoratori ed alle imprese. Settori come l’industria, l’ingegneria, la mobilità, la finanza o l’assistenza sanitaria sono profondamente investiti da una vera e propria rivoluzione digitale.
Inevitabilmente, questo repentino cambiamento ha reso doveroso e urgente predisporre una regolamentazione, che per sua natura contiene in sé implicazioni etiche di grande rilievo sociale. Non a caso, è notizia di questi giorni quella relativa all’approvazione – in via preliminare – di un DDL avente ad oggetto l’IA e l’inserimento nel mondo del lavoro dell’innovativa tecnologia, che promette di cambiare per sempre le professioni.
Di seguito parleremo perciò di questo disegno di legge e, in particolare, tratteremo del tema relativo ai servizi per il lavoro e le professioni: come cambieranno le imprese e le startup di settore? Quali incentivi saranno in gioco? Facciamo chiarezza su un testo che promette di aiutare le imprese in una delicata fase di transizione tecnologica, partendo però dall’atto ‘fondativo’ dell’UE in materia, il cd. AI Act.
Dall’AI Act al DDL Intelligenza Artificiale: l’obiettivo bilanciamento sviluppo tecnologico-principi etici
La linea d’azione comune in UE e negli Stati membri è stata tracciata: le norme che regolano, e che regoleranno, l’utilizzo delle tecnologie dovranno tutelare la privacy e l’incolumità degli individui, senza però limitare le possibilità di sperimentazione delle applicazioni.
Un delicato equilibrio di cui si trova traccia normativa nel cd. AI Act approvato lo scorso 13 marzo dal Parlamento europeo, ovvero il primo quadro di regole armonizzate e condivise nell’Unione, relative all’uso e alle applicazioni pratiche dell’intelligenza artificiale. Per completezza, ricordiamo che l’IA Act consisteva in origine in una proposta di regolamento presentata dalla Commissione Europea il 21 aprile 2021.
L’AI Act ha un obiettivo molto chiaro, e condiviso con il DDL italiano sull’intelligenza artificiale: assicurare che i sistemi utilizzati all’interno dell’Unione Europea e, per quanto qui interessa, nel mondo del lavoro, siano sempre del tutto in linea con i diritti e i valori dell’UE, garantendo dunque la sicurezza, la riservatezza, il controllo umano, la trasparenza, la non discriminazione e il benessere sociale e ambientale.
In altre parole, per il mondo delle imprese e delle professioni l’IA dovrà sempre essere un valore aggiunto e non un elemento ostativo allo applicazione dei diritti e dei valori comunitari, oltre che dei principi della nostra Carta Costituzionale e delle regole contenute nelle leggi in materia di lavoro (tra cui ad es. il notissimo d. lgs. n. 81 del 2008, il Testo unico della sicurezza sul lavoro).
In una linea di continuità, e in coerenza con l’AI Act, ecco allora il disegno di legge sull’Intelligenza Artificiale, accennato in apertura: per esso è stato stanziato un miliardo per le startup di settore e sono state previste regole specifiche per il mondo produttivo, del lavoro e delle professioni. Non solo: previste norme penali per uso illecito dell’intelligenza artificiale.
Come tutelare i lavoratori?
Le indicazioni di cui al regolamento citato sono fatte proprie dal disegno di legge succitato, che mira a promuovere l’IA nelle imprese, finanziare le ambiziose startup del digitale e sollecitare il rientro dei cervelli.
Il testo in oggetto tiene conto degli sviluppi delle applicazioni dell’IA, in grado di effettuare analisi in tempo reale e di muoversi con sempre maggiore autonomia rispetto all’uomo, nei processi decisionali e nelle singole attività.
Ma al contempo lo schema di disegno di legge ritiene necessarie valutazioni etiche, che salvaguardino sempre e comunque i diritti dei cittadini, e in particolare dei lavoratori e delle lavoratrici.
Incentivi per aziende, ricerca e formazione: le novità
Il disegno di legge punta al varo di benefici fiscali ad hoc per favorire il rientro dei ricercatori e delle persone maggiormente formate, che oggi lavorano in laboratori, università e centri di ricerca sparsi per il mondo. Non solo. Coerentemente con un piano di potenziamento del mondo del lavoro italiano, nel testo si prevede altresì il lancio di crediti formativi per i giovani ad alto potenziale cognitivo (attribuiti per attività da svolgersi presso le università).
Non sorprende perciò che, sulla scorta di quanto emerso nei recenti incontri pubblici aventi ad oggetto il DDL, sarà applicato un particolare regime fiscale agevolato per i lavoratori cd. impatriati e che, dunque, trasferiranno la residenza in Italia, per svolgere qui attività di ricerca in ambito IA.
Mentre per le imprese, è previsto ben un miliardo di euro in stanziamenti a favore delle startup innovative che sviluppano sistemi di intelligenza artificiale, in modo da potenziare il settore in Italia e favorire ulteriormente l’espansione della tecnologia.
Intelligenza artificiale applicata al mondo delle professioni intellettuali: cosa cambia?
Le professioni intellettuali tradizionali, che prevedono il possesso di un titolo di laurea e l’eventuale iscrizione ad un Albo, dovranno essere salvaguardate: l’avvento dell’IA dovrà cioè costituire uno strumento di supporto e non di sostituzione alle abilità e competenze umane.
Lo ha precisato il Ministro della Giustizia, nella conferenza stampa di presentazione del disegno di legge, facendo l’esempio di quell’IA che sarà usata per alleggerire il gravoso lavoro dei tribunali, ad es. nella ricerca di massime e sentenze o delle definizioni della dottrina, ma senza mai intromettersi nel processo decisionale del singolo giudice chiamato a scrivere la sentenza.
Così potrà valere anche nelle applicazioni pratiche che attengono alle mansioni degli architetti, degli avvocati o dei medici, ad esempio. La regola fondamentale, di cui si trova traccia nello schema di decreto, è che il pensiero critico umano dovrà sempre prevalere sull’uso dell’IA, la quale sarà meramente di sostegno all’attività dei professionisti, dei laboratori, degli studi e delle aziende.
Informativa al cliente
Altro principio molto importante è quello che attiene all’informazione al cliente, nitida, articolata e completa, circa l’utilizzo dei sistemi di IA usati dal libero professionista. In particolare, in campo sanitario sarà obbligatorio informare i cittadini dell’uso dell’intelligenza artificiale, in termini di diagnosi e terapia – tenuto pur sempre conto della funzione di supporto di quest’ultima. La decisione, come già per i magistrati, dovrà essere sempre rimessa al professionista sanitario.
Ricordiamo infine che in questo rinnovato contesto, sarà istituito – presso il Ministero del Lavoro – un Osservatorio sull’adozione dei sistemi di IA, come presidio atto a verificare il rispetto delle norme in materia e soggetto avente il compito di definire una strategia sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito lavorativo.