Con la risoluzione numero 92/E del 30 ottobre 2015, l’Agenzia delle Entrate, rispondendo ad un interpello ai sensi dell’art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212, ha fornito degli importanti chiarimenti circa il rimborso chilometrico elargito al dipendente e alla sua imputabilità quale reddito imponibile.
L’Agenzia ricorda che tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per quest’ultimo reddito di lavoro dipendente, salvo quanto statuito dai commi 2 e seguenti dell’articolo 51 del T.U.I.R.
La risoluzione precisa inoltre che, mentre le “indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto, comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito”, per le trasferte fuori del territorio comunale sono previsti tre distinti sistemi di tassazione in ragione del tipo di rimborso (analitico, forfetario o misto) scelto.
Laddove la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti inferiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore è riconosciuto, in base alle tabelle ACI, un rimborso chilometrico di minor importo, quest’ultimo è da considerare non imponibile ai sensi dell’articolo 51, comma 5, secondo periodo, del T.U.I.R.
Nell’ipotesi in cui la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti maggiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore viene erogato, in base alle tabelle ACI, un rimborso chilometrico di importo maggiore rispetto a quello calcolato dalla sede di servizio, la differenza è da considerarsi reddito imponibile ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del T.U.I.R.
Risoluzione Agenzia delle Entrate 92 del 30/10/2015 (261,6 KiB, 1.257 hits)