Il sistema pensionistico italiano ad oggi è di tipo contributivo, ovvero è direttamente collegato ai contributi versati dai cittadini durante lo svolgimento del proprio lavoro. Ogni lavoratore dipendente, ma anche ogni autonomo con una partita Iva, accantona una certa quantità di denaro che corrisponde all’INPS per ogni giorno, mese o anno lavorato.
Il sistema previdenziale prevede poi specifiche regole per l’età e i requisiti di accesso alle diverse pensioni. Il sistema contributivo oggi è considerato più equo rispetto a quello retributivo: in questa guida vedremo come funzionano e le principali differenze.
La pensione contributiva è attiva dal 1996, e a gestirla se ne occupa l’INPS, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Vediamo in questo articolo come funziona nello specifico il sistema attuale, come si svolge il calcolo contributivo della pensione e come accedervi.
Cos’è il sistema contributivo e significato
La pensione contributiva è stata introdotta con la legge Dini, ovvero la legge 335/1995, come metodo di calcolo per gli importi della pensione a cui i cittadini possono accedere al termine della propria vita lavorativa.
Con la riforma Dini quindi si è decretato il passaggio dal metodo retributivo di calcolo a quello contributivo, ovvero basato sulle somme versate periodicamente dai lavoratori all’INPS. Il passaggio da un sistema ad un altro è stato graduale, poiché è stato reso disponibile anche un sistema misto.
Il sistema contributivo delle pensioni si basa su un’aliquota che viene applicata alla retribuzione complessiva del lavoratore, da cui si ottiene l’accantonamento periodico all’INPS. Questa cifra viene anche rivalutata in base a diversi fattori, come la variazione del PIL in base ai dati aggiornati ogni anno dall’ISTAT.
Come vedremo tra poco, si parla di montante individuale e di coefficiente di trasformazione, valori utili a determinare l’importo effettivo che il lavoratore accantona per la pensione. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha spiegato che questo sistema è migliore del precedente, come sistema più equo per determinare il sistema pensionistico.
Differenza tra sistema contributivo e retributivo
Facciamo un passo indietro e vediamo da vicino qual è la differenza tra un sistema considerato contributivo e uno retributivo. Abbiamo visto che il sistema contributivo si basa su una quota di contributi versati dal lavoratore durante lo svolgimento del proprio lavoro (per i lavoratori dipendenti è il datore di lavoro, in quanto sostituto di imposta, ad occuparsi dell’accantonamento e del versamento).
Il sistema retributivo invece si basava sui ricavi percepiti negli ultimi anni di lavoro, l’anzianità contributiva e un’aliquota di rendimento del 2% annuo. Questo sistema è stato progressivamente accantonato e superato dal 1 gennaio 2012.
Le motivazioni sono legate al costo rilevante di questo sistema, e alla poca sostenibilità nel tempo in relazione alle dinamiche demografiche della popolazione e del rapporto tra il numero di pensionati e di lavoratori.
Ad oggi l’intero sistema previdenziale si trova ad affrontare alcune criticità legate all’aumento del numero dei pensionati e alla diminuzione dei lavoratori. Tuttavia il sistema contributivo è stato ritenuto come più adatto a questo tipo di dinamiche, per cui attualmente è applicato per tutti i pensionati.
Calcolo pensione contributivo o misto
Vediamo da vicino come funziona la pensione e come si calcola. I diversi metodi, retributivo o contributivo, si applicano successivamente alla legge Dini del 1995 in base a queste indicazioni:
- Sistema di calcolo contributivo: se i lavoratori sono privi di un’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995;
- Sistema di calcolo retributivo e misto: se i lavoratori hanno un’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.
A partire dal 1 gennaio 2012 tuttavia si applica il calcolo contributivo per le quote di pensione maturate da questa data in poi. Per chi ha il sistema misto e intende scegliere l’opzione al contributivo, come specifica l’INPS, i lavoratori devono rispettare alcuni requisiti.
Si parte da un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, con almeno 15 anni di anzianità (di cui 5 dopo questa data).
Calcolo pensione contributiva: come funziona
Per effettuare il calcolo della pensione contributiva, si applicano i seguenti parametri:
- Si stabilisce qual è la retribuzione annua dei lavoratori, nel caso dei dipendenti, o i redditi nel caso degli autonomi;
- Si applica l’aliquota specifica, del 33% per i lavoratori dipendenti, che varia nel caso degli autonomi iscritti a specifiche casse;
- Si stabilisce il montante contributivo, ovvero il capitale che il lavoratore ha cumulato durante gli anni di lavoro. Si applicano le rivalutazioni in base ai dati Istat per ogni anno;
- Si applica al montante contributivo il coefficiente di trasformazione, che cambia in base ad alcune caratteristiche del lavoratore, come l’età o il momento in cui accede alla pensione.
Regime contributivo ed età pensionabile
Oltre alle norme specifiche per il calcolo della pensione, il lavoratore che intende accedere alla propria prestazione previdenziale deve tenere presenti anche altri fattori, come l’età pensionabile. A questo proposito con la Legge Fornero è possibile accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni di età.
Questo aspetto però non è applicabile per tutti: in alcuni casi si può infatti scegliere di accedere ad una misura di prepensionamento tra quelle disponibili, oppure a particolari indennità previste dall’INPS. Nel 2024 ad esempio sono attive Opzione Donna e l’Ape Sociale, che permettono ad alcune categorie di lavoratori, nel rispetto di precisi requisiti, di accedere alla pensione in anticipo.
L’accesso alla pensione sempre più in avanti nel tempo è uno degli attuali problemi del sistema pensionistico italiano, soprattutto con l’arrivo delle nuove generazioni. Si stima che i giovani lavoratori potranno accedere alla pensione nel futuro solamente all’età di 71 anni.
A stabilirlo è l’Ocse, nel Rapporto “Pensions at a glance”: se le regole del sistema previdenziale non cambieranno, sarà difficile per i giovani andare in pensione prima dei 71 anni di età, tenendo in considerazione anche il percorso lavorativo discontinuo che riguarda molti.
Una conseguenza è la difficoltà, con il metodo contributivo, di accumulare abbastanza contributi per accedere ad una pensione mensile equa.
A questo si somma la criticità legata al sistema previdenziale dato l’aumento del numero di pensionati rispetto al numero di lavoratori nel paese, con previsioni poco rosee causate anche dalla bassa natalità. Si attendono riforme sostanziali in questo senso.