Recentemente l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con una circolare che va a chiarire alcuni aspetti del lavoro in smart working dall’estero e degli aspetti fiscali relativi ai frontalieri Italia-Svizzera. La circolare n. 25 del 18 agosto 2023 fa il punto della situazione su alcuni aspetti di queste tematiche.
I dubbi intorno al lavoro da remoto dall’estero si sono moltiplicati negli ultimi anni proprio a causa della diffusione massiccia dello smart working, per cui molti si chiedono come funziona la tassazione in determinati contesti, ad esempio con lo spostamento della residenza in un altro paese europeo.
L’Agenzia delle Entrate vuole rispondere a questi dubbi con l’ultima circolare, e tratta anche la questione del lavoro transfrontaliero, a seguito delle ultime novità introdotte dal nuovo Accordo internazionale con la Svizzera. Vediamo nello specifico quali aspetti va a chiarire questa circolare, e cosa devono sapere coloro che lavorano dall’estero in smart working.
Smart working e residenza fiscale
Un aspetto interessante da considerare riguarda la possibilità, oggi diffusa, di lavorare da remoto da un luogo diverso rispetto al paese di provenienza. Dati i recenti sviluppi della tecnologia, e della possibilità di lavorare in smart working, anche per datori di lavoro molto lontani dalla propria residenza, sono sorti non pochi dubbi a professionisti autonomi o dipendenti nella gestione della tassazione.
La circolare recente dell’Agenzia delle Entrate conferma che la normativa intorno alla residenza fiscale non è cambiata con l’arrivo del lavoro da remoto, favorito dal periodo di pandemia. Rimane quindi valido l’articolo 2 del TUIR per determinare la residenza fiscale.
La circolare continua spiegando come si va a identificare la residenza fiscale di un soggetto. Una persona si considera residente fiscalmente in Italia se almeno una delle condizioni seguenti è realizzata:
- Iscrizione all’anagrafe della popolazione residente;
- Nel territorio dello Stato italiano è situata la residenza;
- Nel territorio dello Stato italiano è situato il domicilio.
Le persone che rispettano uno di questi parametri sono considerate residenti fiscalmente in Italia, e quindi andranno a versare le imposte allo stato italiano. Periodi di assenza dal paese, anche prolungati, non vanno a determinare la perdita della residenza fiscale.
Risulta anche interessante valutare l’aspetto del domicilio, che per la legge italiana è stabilito dove la persona ha il centro dei propri interessi economici e relazioni personali.
Chi risiede in Italia, quindi, anche lavorando in smart working per l’estero, sottopone a tassazione italiana tutti i redditi prodotti. La norma comunque lascia aperta la possibilità di analisi del caso particolare, per stabilire in quale paese devono essere tassati i redditi in alcune circostanze specifiche, anche in base alla cittadinanza del lavoratore e agli accordi tra Stati.
La residenza in paesi a fiscalità privilegiata
La circolare va anche a specificare che nel caso in cui il cittadino si sposti in uno dei paesi appartenenti alla lista dei paradisi fiscali, anche se viene effettuata l’iscrizione all’AIRE, la residenza fiscale tenuta in considerazione è comunque in Italia:
“Pertanto, anche a seguito della formale iscrizione all’Anagrafe degli Italiani residenti all’estero (di seguito, “AIRE”), nei confronti di cittadini trasferiti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata continua a sussistere una presunzione (relativa) di residenza fiscale in Italia per effetto del citato comma 2-bis.”
L’iscrizione all’AIRE non è sufficiente per provare il cambiamento di residenza fiscale. Viene meno la residenza fiscale in Italia se il contribuente dimostra la perdita di ogni collegamento con lo stato italiano, e la stabilizzazione nel paese fiscalmente privilegiato.
In ogni caso il fisco continua ad applicare controlli mirati verso i casi di residenza fittizia, monitorando i soggetti AIRE e incrociando le informazioni delle banche dati. Per residenze fittizie si intendono quelle per cui la persona ha indicato una residenza all’estero pur avendo ancora stabile residenza o domicilio in Italia.
Frontalieri Italia-Svizzera: le novità
Recentemente è stato approvato un nuovo accordo internazionale con la Svizzera, per cui questo paese non rientra più tra i paradisi fiscali, uscendo a partire dal 2024 dalla black list.
Oltre a questo, ci sono alcune novità interessanti che riguardano i lavoratori frontalieri tra Italia e Svizzera. Spicca quindi una nuova definizione di “lavoratore frontaliero”:
- Qualsiasi lavoratore che sia residente in uno Stato contraente;
- Se è residente fiscalmente in un Comune a 20km dal confine con l’altro Stato contraente;
- Se svolge un lavoro come dipendente nell’area di frontiera con l’altro Stato contraente;
- Se lavora per un datore residente nell’altro Stato e che torna ogni giorno al proprio domicilio principale, ovvero nello Stato di residenza.
Il frontaliere attualmente ha una franchigia IRPEF di 7.500 euro, che dal 2024 arriverà a 10.000 euro. Il principio di tassazione concorrente tra paese della fonte di reddito e quello di residenza ha sostituito quello della tassazione esclusiva nel Paese della fonte di reddito.
Fino al 31 dicembre 2023 inoltre gli attuali frontalieri in smart working accedono alla disciplina provvisoria per cui fino al 40% delle giornate di lavoro svolte in Italia da remoto vengono considerate come se fossero state svolte in Svizzera.
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Impatriati e tassazione
Per tutti i lavoratori impatriati in Italia è possibile accedere ad un regime di tassazione agevolato, sia nel caso di svolgimento di un lavoro autonomo che dipendente.
Questo purché trasferisca la residenza nello stato italiano e qui vi svolga il lavoro, e che non sia stato residente nel paese italiano per i due anni precedenti.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito anche l’aspetto che riguarda il lavoro in smart working in questi casi. Se il lavoratore impatriato torna in Italia dopo un lungo periodo all’estero, ma continua a svolgere attività lavorativa per il paese estero da remoto, può accedere al regime di tassazione agevolato.