Il termine “welfare state” o “stato sociale” indica l’insieme delle politiche pubbliche destinate a proteggere i cittadini che si trovano in stato di bisogno economico – sociale o in determinate condizioni di salute.
In Italia le politiche di welfare statale si concretizzano, soltanto per citare alcuni esempi, nelle prestazioni in denaro riconosciute a fronte di eventi che impediscono al lavoratore, temporaneamente o in maniera definitiva, di rendere l’attività manuale o intellettuale per la quale è stato assunto, ricevendo così la retribuzione dall’azienda. Ci si riferisce, oltre alle pensioni, alle indennità economiche per gli eventi di maternità, disoccupazione involontaria, malattia e permessi per assistere i familiari disabili.
La crisi delle finanze pubbliche, iniziata nel Novecento e proseguita negli anni Duemila, ha costretto gli Stati a razionalizzare, riorganizzare se non addirittura ridurre la potenza e gli ambiti di intervento del welfare state. Unito a quest’ultimo fenomeno, si segnala l’aumento dei bisogni dei cittadini.
Cosa si intende per welfare aziendale
Per colmare le lacune del welfare pubblico è intervenuto il cosiddetto secondo welfare o welfare aziendale ossia quello offerto, per intenderci, da soggetti privati, in particolare aziende, enti no profit ed associazioni.
Si è arrivati quindi ad un’esplosione di questo welfare, con i datori di lavoro che si sono resi conto dei numerosi vantaggi rappresentati dall’erogazione di beni e servizi ai dipendenti, al di là delle semplici retribuzioni o riconoscimenti economici.
Analizziamo in dettaglio quali vantaggi garantisce il welfare aziendale a livello di clima aziendale, di produttività e di vantaggi fiscali, ma prima ricordiamo in breve quali forme può assumere.
Sono due differenti forme in cui può concretizzarsi:
- specifiche modalità di svolgimento del rapporto di lavoro (per esempio flessibilità del rapporto e / o dell’orario di lavoro);
- retribuzione non monetaria (compensi cosiddetti in natura o in servizi) ovvero in una prestazione previdenziale o assistenziale (integrativa o complementare).
Welfare aziendale, quali vantaggi in termini di aumento della produttività
L’adozione dei piani di welfare aziendale può portare a numerosi vantaggi per il datore di lavoro e i dipendenti, tra cui:
- Miglioramento del clima aziendale;
- Diminuzione del turn-over e dell’assenteismo;
- Miglioramento dell’immagine aziendale.
Tutto questo si traduce, lato – azienda, in un aumento della produttività, in particolare grazie all’eliminazione di fattori che hanno la capacità di ostacolarla come:
- Un clima interno infetto o controproducente;
- Un largo ricorso ad assenze per malattia, spesso non realmente connesse ad un evento morboso.
Grazie al welfare si raggiunge l’obiettivo di aumentare la capacità produttiva dell’azienda senza ricorrere esclusivamente a modifiche della retribuzione o passaggi di livello.
In particolare, il datore di lavoro è in grado, con il welfare aziendale, di rispondere ad esigenze dei lavoratori che vanno al di là del semplice aspetto economico, toccando il tema del benessere psico-fisico delle persone.
Altro aspetto legato alla produttività è la possibilità, grazie al welfare aziendale, di migliorare l’immagine aziendale e, pertanto, la capacità di attrarre nuovi talenti e professionalità di spessore in grado di portare giovamento all’attività economico – produttiva dell’azienda.
Quali sono i vantaggi fiscali del welfare aziendale
L’importanza del welfare aziendale, descritta poc’anzi, ha portato il legislatore italiano ad agevolarne il ricorso da parte delle aziende, grazie ad una serie di misure fiscali di favore. Queste ultime, nello specifico, hanno avuto l’obiettivo di alleggerire il peso dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (Irpef) nei confronti dei lavoratori beneficiari delle varie forme di welfare.
Attualmente le forme di welfare che prevedono l’erogazione di beni e servizi in favore dei dipendenti (si parla solitamente di “retribuzione in natura”) non concorrono, in maniera totale o parziale, alla formazione del reddito da lavoro dipendente. Eccone i principali esempi.
Beni e servizi di modico valore
I beni e i servizi riconosciuti ai dipendenti non concorrono a formare il reddito rilevante ai fini fiscali entro il limite complessivo, nel periodo d’imposta, di 258,23 euro.
La soglia in questione è aumentata, per l’anno corrente, a 3 mila euro per i soli lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, come da dichiarazione resa al datore di lavoro.
Inoltre, sempre con riferimento al 2023, il limite citato:
- Non considera i buoni carburante, nel limite di 200 euro per dipendente;
- Comprende anche le somme riconosciute per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas, con riferimento ad immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a patto che ne sostengano effettivamente le relative spese.
Buoni carburante
Come accaduto già nel 2022, anche nell’anno corrente non concorrono a formare il reddito i buoni carburante e simili, da utilizzare per i rifornimenti di benzina, gasolio, GPL e metano ovvero per la ricarica di veicoli elettrici, concessi ai dipendenti, nel limite di 200 euro.
Somministrazioni di vitto
Sono escluse dalla base imponibile ai fini fiscali:
- Le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, come i pasti consumati dai camerieri o dal cuoco di un ristorante;
- Le somministrazioni di pasti in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi;
- Le prestazioni sostitutive (tramite ticket restaurant o app mobile per smartphone) per la somministrazione di alimenti e bevande effettuate da pubblici esercizi, cessioni di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato, sono esenti fino all’importo complessivo giornaliero (al netto dei contributi e delle somme poste a carico dei lavoratori) di 4 euro per il buono cartaceo e di 8 euro per il buono in forma elettronica (l’eccedenza concorre a formare il reddito);
- L’indennità sostitutiva di mensa, consistente in un’erogazione in denaro, esente fino all’importo complessivo giornaliero di 5,29 euro per i soli dipendenti addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive situate in zone prive di strutture o servizi di ristorazione.
Servizi di trasporto collettivo
Sono escluse dalla formazione del reddito da lavoro dipendente le spese di trasporto collettivo per raggiungere il posto di lavoro.
La misura opera a patto che:
- I servizi vengano erogati direttamente dal datore di lavoro mediante mezzi di proprietà o noleggiati;
- In alternativa, i servizi vengano forniti da terzi sulla base di convenzioni o accordi, ad esempio i servizi navetta.
Opere e servizi aventi finalità sociali
Sono esclusi dalla base imponibile i servizi con finalità di istruzione, educazione, ricreazione, culto, assistenza sanitaria e sociale, erogati direttamente dall’azienda o da terzi convenzionati.
Alcuni esempi in tal senso sono rappresentati da:
- Partecipazione a corsi professionali ed extraprofessionali;
- Corsi di lingua;
- Orientamenti scolastici;
- Tasse scolastiche;
- Check up e visite specialistiche;
- Terapie e cure per la riabilitazione;
- Pellegrinaggi;
- Abbonamenti a cinema e teatri, quotidiani, centri sportivi;
- Viaggi.
Altre casistiche
Altre forme in cui può concretizzarsi il welfare aziendale (meritevoli sempre di una disciplina fiscale di favore) sono:
- Assistenza sanitaria;
- Abbonamenti al trasporto pubblico;
- Somme, servizi e prestazioni di istruzione ed educazione (iscrizioni ad asili nido, università e master);
- Somme, servizi e prestazioni per l’assistenza di familiari anziani e / o non autosufficienti;
- Contributi e premi contro il rischio di non autosufficienza o gravi patologie;
- Contributi versati alla previdenza complementare.
Da ultimo, è altresì possibile per il lavoratore convertire i premi di risultato in welfare aziendale. In casi simili, i premi non costituiscono (a determinate condizioni) reddito da lavoro dipendente.
Cos’è e a cosa serve il piano di welfare
Il ricorso da parte dell’azienda ad iniziative di welfare passa attraverso la definizione dell’insieme delle azioni progettate ed attivate dal datore di lavoro stesso per l’erogazione di beni e servizi.
La predisposizione degli aspetti appena citati avviene attraverso la stesura (o comunque l’elaborazione) di un piano di welfare.
Ecco di seguito alcuni dei passaggi fondamentali per costruire un buon piano di welfare aziendale:
- Comprendere i bisogni e le esigenze dei dipendenti;
- Interrogarsi sulle priorità aziendali (ad esempio aumento della produttività, miglioramento della qualità di beni e servizi);
- Definire il budget a sostegno delle spese determinate dal welfare aziendale;
- Ricercare azioni di welfare già definite da contratti collettivi e regolamenti interni;
- Elaborare il piano di welfare.
Le fasi successive, altrettanto importanti quanto l’elaborazione del piano, sono:
- L’informazione ai dipendenti sulle politiche di welfare adottate, in modo da garantire la più ampia adesione possibile;
- Valutare a posteriori l’impatto delle misure in campo, rilevando aspetti positivi e negativi.
Sotto quest’ultimo aspetto è fondamentale per il datore di lavoro valutare:
- Il livello di adesione dei dipendenti;
- Le difficoltà riscontrate dai soggetti fruitori delle misure nell’accedere a beni e servizi proposti;
- L’esistenza di “sacche” di dipendenti che non erano a conoscenza delle misure di welfare;
- I beni e i servizi più richiesti e quelli, invece, inutilizzati o di nicchia.
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