Da anni ormai si discute di quali modifiche introdurre al farraginoso sistema della Pubblica Amministrazione italiana. La volontà è quella di avvicinare maggiormente i servizi degli uffici pubblici ai cittadini, anche e soprattutto sfruttando il progresso tecnologico e, in primis, lo smart-working. Ora, la pandemia sta costituendo una sfida epocale, da cui si può uscire vittoriosi, anche grazie una revisione integrale della macchina dello Stato, proiettandola finalmente al futuro.
In questo senso è da intendersi la strategia del Ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Si tratta anzitutto di ripristinare; anzi potenziare, il turn over o ricambio generazionale negli uffici pubblici. Solo così potrà aversi una riforma della Pubblica Amministrazione davvero efficace e radicale: per compiere l’operazione, è necessario disporre non meno di circa 150mila assunzioni l’anno. Un numero importante, ma che certamente testimonia la necessità di agire con tempestività e pragmatismo.
Proprio Brunetta, interpellato dagli organi di informazione, si è recentemente soffermato sulla necessità del ricambio delle forze lavoro nel pubblico impiego, assumendo: “almeno 150 mila giovani l’anno per ripristinare un minimo di turn over serio qualitativo e quantitativo”.
Vediamo dunque più nel dettaglio che cosa potrebbe cambiare e quali contorni potrebbe assumere la riforma della Pubblica Amministrazione italiana.
Riforma della Pubblica Amministrazione: reclutamento dei giovani, ma non solo
E’ chiaro che il piano del ricambio generazionale all’interno della Pubblica Amministrazione, non può non passare attraverso i concorsi pubblici. Abbiamo già visto che questi ultimi riprenderanno a partire dal 3 maggio, con regole rispettose della situazione di emergenza sanitaria in Italia.
Il Ministro Brunetta ha sottolineato che devono cambiare le regole di svolgimento nei concorsi, privilegiando iter sburocratizzati e decisamente più rapidi di quelli tradizionali, e sfruttando ancor più gli strumenti informatici e digitali. E’ stato infatti promesso il lancio di un nuovo portale innovativo; e l’introduzione immediata di modalità integralmente digitali, per i concorsi pubblici. Ciò alla scopo di velocizzare le procedure di selezione e favorire un ricambio generazionale in tempi brevi.
D’altronde, il piano di riforma della Pubblica Amministrazione trova un fondamento assai significativo nella sottoscrizione del programma di novità, che il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta vuole portare all’interno della macchina pubblica. Nel dettaglio, si tratta dei contenuti dell’accordo firmato lo scorso 10 marzo, ossia il “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”.
Il patto del 10 marzo come punto di svolta per la macchina pubblica: chi lo ha firmato
Rivolgendosi agli organi di informazione, il Ministro per la PA ha dunque ribadito che: “Per il reclutamento del personale nella PA stiamo allestendo un portale fortemente innovativo; e procederemo con grande velocità e trasparenza”, aggiungendo poi “una piccola ma significativa rivoluzione: nei concorsi pubblici basta carta e penna. Saranno digitalizzati dall’inizio alla fine”.
Il patto Governo – Sindacati è stato firmato il mese scorso nella Sala Verde di Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Mario Draghi; il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta; e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri.
L’accordo in oggetto attribuisce alla PA il ruolo centrale di motore di sviluppo e catalizzatore della ripresa, in coordinamento con i contenuti del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza. Ecco perchè la riforma della Pubblica Amministrazione deve ritenersi essenziale per il futuro del paese.
Gli obbiettivi connessi al patto per l’innovazione del lavoro pubblico
“Il Patto del 10 marzo scorso“, ha dichiarato il Ministro, “vuole metterci nella condizione di incassare e poi di spendere i quasi 200 miliardi del Recovery Fund. Occorre un grande processo di semplificazione delle norme burocratiche e di reclutamento del capitale umano necessario per rinnovare le competenze di una PA che, nell’ultimo decennio, è stata desertificata dal blocco del turnover e dai pensionamenti. Abbiamo bisogno di procedure semplici e di figure professionali adatte: ingegneri; informatici; economisti: manager”.
Brunetta ha poi sottolineato che: “Non puoi puntare alla transizione digitale e ambientale se non intervieni prima su semplificazione; reclutamento e governance. È ciò che intendiamo fare a strettissimo giro rilanciando la macchina pubblica”.
Parafrasando quanto sopra, attraverso il Recovery Fund, l’Italia ottiene dall’Europa circa 200 miliardi, che saranno di importanza vitale per per ripartire con gli investimenti pubblici e privati e per reinvestire nelle nuove risorse. Per fare ciò e per attuare la riforma della Pubblica Amministrazione, il Ministero pe la PA intende coerentemente cambiare le regole del gioco del reclutamento dei dipendenti pubblici. Ma novità sono attese anche sul fronte dello smart-working.
Possibile una stretta sullo smart working nel pubblico impiego
Renato Brunetta, con il consueto stile tranchant, ha poi fatto notare che la PA si servirà ancora dello smart-working, anche a fine emergenza sanitaria “solo se migliorerà l’efficienza del lavoro e la soddisfazione del cliente. Sennò si tornerà sul posto di lavoro”. Insomma, si privilegerà il collegamento da remoto e la rete internet per lo svolgimento della prestazione lavorativa. Ma soltanto a condizione che da ciò derivi un maggior beneficio al cittadino che chiede un servizio pubblico all’altezza.
In effetti, da più parti si è sottolineato – anche recentemente – che lo smart working non sempre ha giovato a coloro che domandano un certo servizio ad un dipendente o ufficio pubblico. L’ottica sarebbe dunque quella di conservare il telelavoro anche in fase post pandemia, ma di fatto restringendolo assai rispetto all’uso attuale. Anzi predisponendolo soltanto ove realmente funzionale alle esigenze della cittadinanza.
Le critiche di Brunetta all’ex Ministro per la PA Fabiana Dadone
E’ insomma chiaro che la riforma della pubblica amministrazione passa attraverso direttive ben precise; le quali vedono al centro – sempre e comunque – il diritto del cittadino ad avere un servizio pubblico che sappia rispondere con efficienza e tempestività alle sue legittime richieste. Ecco perchè Renato Brunetta ha criticato recentemente chi lo ha preceduto alla guida del Ministero per la PA, ossia Fabiana Dadone, ora ministro delle Politiche Giovanili.
Secondo l’esponente di Forza Italia adesso nella squadra di Governo, la Dadone avrebbe sbagliato a fissare: “quote di utilizzo per lo smart working nella pubblica amministrazione”. Anzi ciò è “quanto di peggio si possa fare perché l’uso dello smart working va visto sulla base dell’efficienza e della produttività per i miei clienti. E’ senza senso dare una percentuale”.
Per Brunetta lo smart working non va dunque abbandonato, ma va certamente riorganizzato e rivisto nei nuovi contratti. Tuttavia la sua (eventuale) previsione dovrà tenere conto del miglioramento di tre fattori essenziali, ossia:
- l’organizzazione del lavoro;
- la soddisfazione degli utenti/cittadini;
- la soddisfazione dei dipendenti.
Concludendo, all’orizzonte si intravede un nuovo decreto legge Semplificazione ad hoc. Infatti, proprio in questi giorni Brunetta, in collaborazione con altri ministri sta approntando tutti i dettagli di un provvedimento che davvero contribuisca a rendere la Pubblica Amministrazione più snella e efficiente, già partire da quest’anno. Il decreto Semplificazione si accompagnerebbe, in un quadro di insieme, al PNRR. Insomma i primi passi verso una reale riforma della macchina dello Stato sono stati compiuti. Ne seguiremo gli sviluppi.