Finita l’esame, il Parlamento, tra le poche attività che sta svolgendo, torna sulla votazione del famigerato ddl nr. 1167 B Bis, meglio conosciuto da tutti come Collegato lavoro. Domani 21 settembre infatti, al Senato si ricomincia la votazione sul disegno di legge. In concomitanza la CGIL ha organizzato un presidio in P.zza Montecitorio a partire dalle ore 15.
Diversi i punti “critici” secondo la CGIL: “Dal meccanismo di certificazione – spiega Fammoni – che potrà riguardare singoli aspetti del rapporto di lavoro, anche in deroga alle norme dei Contratti nazionali di lavoro; al rimettere preventivamente ad un ‘arbitrato di equità’, che può decidere anche in deroga a leggi e contratti, il dirimersi di eventuali controversie, togliendo così ai lavoratori la tutela della giustizia del lavoro; fino al depotenziamento del ruolo del giudice del lavoro stesso tentando di relegarlo al puro accertamento dei presupposti di legittimità dei provvedimenti datoriali”. Elementi, insomma, che per la CGIL hanno ‘evidenti profili di incostituzionalità’.
“Si vuole così capovolgere – rileva il dirigente sindacale – i fondamentali del diritto del lavoro, nato per tutelare il più debole, con una sproporzione evidente tra lavoratore e datore di lavoro. L’effetto deregolatorio e di pressione di queste nuove norme risulterà enorme.
Tra le varie abnormità contenute nel disegno di legge, il collegato lavoro contiene anche l’iniqua norma sul pensionamento a 70 anni per i medici. Massimo Cozza, segretario nazionale FPCGIL Medici, afferma che questa è una norma che va a danno dei precari e di chi non ha incarichi apicali. “Si prevede infatti la possibilità per i medici pubblici di andare in pensione, su propria istanza, con 40 anni di contributi effettivi, ma senza oltrepassare i 70 anni di eta’. E poiche’ quasi tutti i medici sono assunti dopo i 30 anni, questa legge di fatto introduce il pensionamento a 70 anni”.
“E’ ‘un pugno allo stomaco per migliaia di precari che vedranno allontanarsi la stabilizzazione del rapporto di lavoro, specificando la norma che la permanenza in servizio non puo’ dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti. E’ una porta chiusa in faccia a decine di migliaia di medici con incarichi professionali che vedono maggiormente preclusa la possibilita’ di carriera”.