Il 31 marzo scorso, il Presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere il testo del collegato lavoro, motivando tale rinvio con una “eccesiva eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni – con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 – che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale attinenti alla tutela del diritto alla salute e di altri diritti dei lavoratori”.
Ciò che deve essere rivisto secondo Napolitano è innanzi tutto l’art 31(denominato Conciliazione e arbitrato) del ddl lavoro che, come tutti sappiamo ridisegna le norme del codice di procedura civile in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie individuali di lavoro e, al contempo assetta un duro colpo all’art. 18 Statuto dei lavoratori; c’è poi l’art 20, che limita la responsabilità per le infezioni da amianto subite dal personale che presta la sua opera sul naviglio di Stato.
Art.31
Si legge nel messaggio rivolto alle camere che, seppur “La introduzione nell’ordinamento di strumenti idonei a prevenire l’insorgere di controversie ed a semplificarne ed accelerarne le modalità di definizione può risultare certamente apprezzabile e merita di essere valutata con spirito aperto, occorre verificare attentamente che le relative disposizioni siano pienamente coerenti con i princìpi della volontarietà dell’arbitrato e della necessità di assicurare una adeguata tutela del contraente debole”.
Entrambi questi principi sono stati più volte ribaditi dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato la illegittimità costituzionale delle norme che prevedono il ricorso obbligatorio all’arbitrato, poiché solo la concorde volontà delle parti può consentire deroghe al fondamentale principio di statualità ed esclusività della giurisdizione (art. 102, primo comma, della Costituzione) e al diritto di tutti i cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi (artt. 24 e 25 della Costituzione).
Inoltre, con riferimento ai rapporti nei quali sussiste un evidente, marcato squilibrio di potere contrattuale tra le parti, la Corte ha riconosciuto la necessità di garantire la “effettiva” volontarietà delle negoziazioni e delle eventuali rinunce, ancora una volta con speciale riguardo ai rapporti di lavoro ed alla tutela dei diritti del lavoratore in sede giurisdizionale.
“Tenendo in considerazione tali due principi, non è possibile acconsentire alla formulazione del comma 9 art.31 ddl lavoro, secondo cui, la decisione di devolvere ad arbitri la definizione di eventuali controversie può essere assunta non solo in costanza di rapporto allorché insorga la controversia, ma anche nel momento della stipulazione del contratto, attraverso l’inserimento di apposita clausola compromissoria: la fase della costituzione del rapporto è infatti il momento nel quale massima è la condizione di debolezza della parte che offre la prestazione di lavoro.
Non viene ritenuto sufficiente a garantire l’effettività della scelta del lavoratore l’intervento delle Commissioni di certificazione, in quanto tali organi si limitano prendere atto della volontà dichiarata dal lavoratore.
Perplessità da parte del Capo dello Stato desta anche il comma 5 dell’art. 31, il quale prevede la possibilità di chiedere la decisione dell’arbitrato “secondo equità“. Si legge nel messaggio: “Nell’arbitrato di equità la controversia può essere risolta in deroga alle disposizioni di legge: si incide in tal modo sulla stessa disciplina sostanziale del rapporto di lavoro, rendendola estremamente flessibile anche al livello del rapporto individuale.
“Né può costituire garanzia sufficiente il generico richiamo del rispetto dei principi generali dell’ordinamento, che non appare come tale idoneo a ricomprendere tutte le ipotesi di diritti indisponibili, al di là di quelli costituzionalmente garantiti; e comunque un aspetto così delicato non può essere affidato a contrastanti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, suscettibili di alimentare contenziosi che la legge si propone invece di evitare”
Perplessità ulteriori suscita la estensione della possibilità di ricorrere a tale tipo di arbitrato anche in materia di pubblico impiego: in tal caso è particolarmente evidente la necessità di chiarire se ed a quali norme si possa derogare senza ledere i princìpi di buon andamento, trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa sanciti dall’art. 97 della Costituzione.
Un altro aspetto critico è la previsione dell’intervento del Ministero del lavoro in caso di mancato accordo interconfederale sulla materia; tale previsione darebbe corpo ad una delegificazione troppo ampia in favore di un atto regolamentare.
Oltre alle osservazioni sull’articolo 31, Napolitano auspica anche una riflessione su disposizioni in qualche modo connesse – presenti negli articoli 30, 32 e 50 nuovi termini di decadenzae sui risarcimenti in caso di conversione del contratto a termine, con particolare riferimento alla loro applicazione alle controversie in corso – che riguardano gli stessi giudizi in corso e che oltretutto rischiano, così come sono formulate, di prestarsi a seri dubbi interpretativi e a potenziali contenziosi.
Art.20
Con tale articolo si voleva dare un’interpretazione all’art. 2 l. 51/55 (Delega al Potere esecutivo ad emanare norme generali e speciali in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro). Tale art.20, esclude la responsabilità penale per i danni da amianto nel caso di lavoro a bordo del naviglio di Stato.
La critica che viene rivolta a tale diposizione è che essa, pur essendo strutturata come una norma interpretativa (e quindi con effetti retroattivi) in realtà non interpreta ma apporta alla disciplina previgente una evidente modificazione integrativa.
Fonte: www.quirinale.it