Se durante i mesi delle restrizioni della pandemia lo smart working ha rappresentato una sorta di ‘salvagente’ per non pochi lavoratori e professionisti, che ha peraltro permesso di scoprire le potenzialità nascoste del lavoro da remoto, oggi la crisi energetica e il caro bollette impongono di considerare il lavoro agile sotto un altro punto di vista. L’aumento del costo della vita si riflette infatti non soltanto sulle famiglie, sulle aziende e sui negozianti, ma anche su tutti coloro che per svolgere il proprio lavoro utilizzano diverse utenze più ore al giorno, come quelle del gas e della corrente elettrica.
Infatti, tenere la luce e il riscaldamento (o climatizzazione) accesi per più tempo, con un pasto in più da fare (invece che in una mensa aziendale o usufruendo di buoni pasto) ed anche la necessità di usare la corrente per alimentare computer, monitor e altri strumenti di lavoro costituiscono voci di costo che oggi pesano non poco sulle tasche di numerosi lavoratori. Insomma chi lavora da casa rischia di pagare una cifra decisamente più alta per le bollette, come rivela uno studio di Altroconsumo. Il rischio è infatti quello di pagare anche 700-800 euro in più ogni anno per le utenze.
Ma come stanno realmente le cose? Davvero siamo innanzi ad un cambio di abitudini e modalità di lavoro che impone di fare molta più attenzione ai consumi di ogni giorno, anche soltanto in confronto allo scorso anno? E ci sono modi davvero efficaci per risparmiare da casa? E infine sarà possibile ottenere un rimborso sulle bollette dal proprio datore di lavoro (al pari del bonus benzina per chi si reca fisicamente al lavoro)? Scopriamolo insieme nel corso di questo articolo.
Smart working e caro bollette: lo studio di Altroconsumo
Andando indietro anche solo di qualche anno, si può notare che i consumi domestici dei lavoratori avevano un rilievo in media molto minore che nei tempi odierni. Quando lo smart working era ancora di nicchia, la stragrande maggioranza dei lavoratori, impegnata tutto il giorno in ufficio, usava gas e elettricità soltanto alla sera, al ritorno alla propria abitazione.
Oggi lo smart working impone invece di ripensare a tutti i consumi, perché se è vero che lavorare da casa ha certamente i suoi lati positivi, non si può non notare che con i prezzi dell’energia fuori controllo gli esborsi per i mesi invernali sono un’incognita, che desta una certa preoccupazione in non poche persone.
Con esempi pratici che indicano delle stime sui consumi di kWh, proprio lo studio di Altroconsumo spiega che i costi delle bollette sono destinati a lievitare proprio nel caso in cui in famiglia vi sia almeno una persona in smart working, se non addirittura due. Considerato l’esempio di due abitazioni con due o tre persone, solo per la corrente elettrica è calcolato un aumento annuo di circa 300 euro, in caso di lavoro a distanza.
Il prezzo del gas alle stelle si riflette sullo smart working nei mesi freddi
Ovviamente si tratta di stime fatte sui prezzi attuali dell’energia, quindi in futuro dette stime potrebbero necessitare una correzione al rialzo. E sul gas le cose vanno ancora peggio: gli esempi svolti da Altroconsumo portano ad ipotizzare, al momento, circa un +500 euro annui per il riscaldamento. Salvo, anche qui, correzioni verso l’alto.
Riscaldamento nei mesi invernali, luce accesa più ore al giorno a causa delle giornate più ‘corte’ in inverno, costi legati all’uso delle apparecchiature tecnologiche come pc portatile e computer fisso, presenza di un climatizzatore per fronteggiare il caldo estivo, senza dimenticare il pranzo: tutte voci di spesa che Altroconsumo individua e che indicano come lo smart working riserva oggi anche svantaggi, quanto meno dal punto di vista delle uscite economiche per i lavoratori. Ecco spiegato il +800 euro di spese tra elettricità e gas, accennato in apertura.
Smart working in tempi di caro vita: l’aumento delle spese per luce e gas è compensato dal risparmio in altri ambiti
Tuttavia lo smart working permette tuttora di risparmiare su altri fronti. Infatti chi lavora da casa – nota ancora Altroconsumo – può agevolmente risparmiare su altre spese, pensiamo – ad esempio – al costo della benzina o all’abbonamento ai mezzi pubblici. Meno docce, bucati e tintorie ma anche un taglio al costo della babysitter o della domestica, che diverrebbe non indispensabile (essendoci già qualcuno a casa).
Riguardo ai buoni pasto, chi continua a riceverli potrebbe usarli non per il pranzo nell’ambito dell’orario di lavoro, ma per alleggerire le spese al supermercato – e oggi è ben noto quanto i prezzi siano lievitati anche nel settore della GDO. In altre parole, nonostante tutto qualche spiraglio per risparmiare c’è, a patto di essere molto accorti ed attenti nella gestione delle uscite quotidiane.
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Possibile un rimborso per chi lavora da casa? Lo chiedono i sindacati
Il dibattito sul lavoro agile e la crisi energetica tiene banco insieme a tanti altri, e non sorprende allora che i dipendenti pubblici e privati stiano chiedendo rimborsi per coprire le spese della luce e del gas di casa. Anzi secondo un’indagine Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche), soltanto il 20% dei dipendenti sarebbe disposto a guadagnare una cifra inferiore, pur di lavorare in smart working e non andare in ufficio. Ma in ballo ci sono anche i costi per le aziende ed, ovviamente, i comportamenti del singolo lavoratore – più o meno attento a risparmiare sui consumi.
Ora, con il boom dei prezzi, non sono pochi lavoratori che preferirebbero non rimanere a casa, perché altrimenti la conseguenza è la crescita dei costi delle utenze. L’allarme giunge sia dalla Pubblica amministrazione sia dalle aziende private: nei contratti che includono il lavoro a distanza frequentemente non sono previsti rimborsi economici correlati ai rincari energetici. E i lavoratori subordinati non sono disposti, di fatto, a guadagnare meno, preferendo piuttosto tornare in ufficio.
Secondo i sindacati urgono però novità da parte dei datori di lavoro, con rimborsi per i rincari bollette inclusi nei contratti per regolare il lavoro agile. Pensiamo ad es. al nuovo contratto che regola lo smart working nel pubblico impiego: esso non impedisce l’attuazione dell’ipotesi indennità per chi lavora da remoto, ma rinvia alla contrattazione integrativa. Tuttavia mancherebbero risorse pubbliche e, perciò, l’ipotesi di rimborsi generalizzati per i lavoratori in smart working resta al momento in alto mare. Salvo interventi ad hoc da parte del nuovo Governo.