Il canone di abbonamento alla televisione costituisce una spesa mai troppo gradita ai cittadini italiani, e neanche a coloro che più assiduamente seguono i programmi televisivi. Per legge il canone Rai è dovuto da qualsiasi persona abbia un apparecchio televisivo e si versa una sola volta all’anno e una sola volta per nucleo familiare, a patto che i familiari abbiano la residenza nell’identica abitazione. In altre parole, si tratta di un’imposta che scatta per il mero possesso della tv o di un qualsiasi apparecchio in grado di ricevere il segnale delle trasmissioni televisive. Per il 2023 è pari a 90 euro ma è prevista la sua riduzione a partire dal prossimo anno e dal 2016 si paga con la bolletta della luce.
Ebbene, ci sono novità giurisprudenziali che riguardano i rapporti tra contribuente e Agenzia delle Entrate, per ciò che attiene al versamento del canone TV. Infatti la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33213/2023 depositata il 29 novembre scorso, ha chiarito che la riscossione della tassa è sottoposta a prescrizione di 10 anni. Ma che cosa vuol dire in concreto? Il contribuente può evitare di pagare il canone, trascorso il termine di prescrizione decennale? Scopriamolo di seguito.
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Prescrizione Canone RAI in 10 anni: la Cassazione sul punto
La Corte di Cassazione, nella sentenza citata, ha rimarcato che per quanto attiene alla tassa di possesso sul televisore atto a riceve programmi RAI o per l’abbonamento alla tv di Stato, vale quanto disposto dall’art. 2946 del Codice Civile, già applicato ad IRPEF, IRAP e all’IVA.
Pertanto anche per quanto attiene agli obblighi di versamento del canone Rai:
salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni.
E’ la cosiddetta ‘prescrizione ordinaria’ e ciò significa che, una volta scattata la prescrizione canone Rai dopo 10 anni, secondo la linea della Cassazione, l’Agenzia delle Entrate non potrà più chiedere gli arretrati oltre detto termine e il possessore della televisione non sarà più obbligato a versare alcunché al Fisco. In breve, il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell’ordinario termine decennale.
D’altronde la Cassazione è giunta a questa conclusione, tenuto anche conto del fatto che al momento non esiste una disciplina ad hoc sulla riscossione del canone Rai, secondo un termine specifico di prescrizione. Ecco perché – in assenza di una disciplina derogatoria – andrà applicato il dettato dell’art. 2946 del Codice Civile relativo, appunto, alla prescrizione ordinaria decennale.
Il caso concreto e il principio affermato dalla Corte
Nel caso affrontato dalla Corte il ricorrente aveva contestato ed impugnato delle cartelle di pagamento relative a crediti erariali e tributi locali, indicando l’intervenuta prescrizione delle pretese tributarie. Il ricorso fu accolto in primo grado, e l’appello del concessionario della riscossione è stato rigettato. Di seguito quest’ultimo ha fatto ricorso per Cassazione contro il provvedimento in appello.
Al di là della vicenda concreta, l’ordinanza n. 33213/2023 depositata il 29 novembre scorso rileva per il principio generale contenuto in essa: l’obbligazione tributaria, pur essendo una prestazione a cadenza annuale, è autonoma ed unitaria ed il versamento non è mai correlato a quelli anteriori, ma riflette nuove ed autonome valutazioni in ordine alla presenza dei presupposti impositivi.
Detto principio va applicato anche al canone di abbonamento alle radioaudizioni, in mancanza di una disposizione ad hoc sul termine di prescrizione, idonea a derogare la previsione generale di cui all’art. 2946 del Codice Civile.
Conclusioni
Il contenzioso in materia è consistente e perciò il provvedimento della Corte è quanto mai significativo ed orientativo, dato che ha il merito di cassare la tesi della prescrizione quinquennale.
Soprattutto, la Suprema Corte ha inteso sottolineare che – in riferimento all’obbligo di pagamento del canone Rai – l’Amministrazione finanziaria avrà diritto di chiedere – ed ottenere – gli arretrati per i dieci anni posteriori alla scadenza. Successivamente alla scadenza del termine di prescrizione, invece, il contribuente dovrà ritenersi liberato dall’obbligo, in quanto il diritto delle Entrate sarà da considerarsi estinto.