Lo scorso 14 settembre 2023 la Banca Centrale Europea ha deciso di aumentare di nuovo il costo del denaro. Quali sono le conseguenze per le famiglie che hanno sottoscritto dei mutui a tasso variabile? Ma soprattutto quali sono le prospettive future? Ci sarà un momento in cui le famiglie potranno iniziare a respirare un po’?
Prima o poi i tassi sui mutui sono destinati a scendere. Questo, però, non accadrà prima del 2024. Le previsioni si muovono in un’unica direzione: per tutto il 2023 e per almeno l’inizio del nuovo anno l’inflazione continuerà a rimanere alta: il 5,5% fino a dicembre, per poi scendere con gradatamente fino al 2,3%.
Queste, però, sono solo delle ipotesi. La Bce potrebbe decidere di mantenere i tassi alti basandosi non solo sull’inflazione, ma anche osservando come si evolve l’economia nell’area euro. Ma cerchiamo di capire cosa sta accadendo con i mutui a tasso variabile.
Mutui a tasso variabile: quanto ci costa
La Bce lo scorso 14 settembre 2023 ha alzato i tassi di un quarto di punti percentuale. Il tasso sui rifinanziamenti principali è al 4,50%, mentre quello sui depositi è al massimo storico del 4% e quello sui prestiti è del 4,75%. Questo aumento cosa determina per i mutuatari?
Per rispondere a questa domanda ci appoggiamo su una simulazione effettuata da Facile.it e da Mutui.it, che hanno preso come riferimento un mutuo a tasso variabile per un ammontare di 126.000 euro. Il piano di ammortamento si articola in 25 anni. Il finanziamento è stato sottoscritto nel corso del mese di gennaio 2022.
Nel caso preso in esame il TAN (ossia il tasso) di partenza a gennaio 2022 era pari allo 0,67%. Questo comportava una rata mensile pari a 456 euro. I vari aumenti dei tassi decisi dalla Bce hanno fatto lievitare il tasso del mutuo previsto dalla simulazione di molto, arrivando a sfiorare il 5,05% a settembre 2023. La rata ha raggiunto quota 740 euro. Questo significa che il mutuatario si trova a pagare qualcosa come 285 euro in più rispetto al mese di gennaio 2022. Il costo mensile del finanziamento è cresciuto del 62%.
Fin qui abbiamo analizzato gli aumenti escludendo l’aumento dei tassi deciso dalla Bce a settembre. La nuova mossa della Banca centrale europea ha comportato un ulteriore aumento della rata mensile, che adesso arriva a costare 759 euro, con un aggravio di 303 euro rispetto a quella iniziale. Ad ottobre, quando il mutuatario pagherà il mutuo dovrà versare il 66% in più rispetto a quanto previsto originariamente.
Il picco arriverà a dicembre
Per i prossimi mesi, purtroppo, le prospettive non sono positive. Almeno fino alla fine dell’anno. Seguendo sempre la simulazione effettuata da Facile.it e da Mutui.it, che si basano sui futures sugli Euribor aggiornati all’11 settembre 2023, l’indice Euribor è destinato a crescere fino alla fine dell’anno: il picco dovrebbe arrivare a dicembre 2023. Per quella data dovrebbe arrivare al 3,90%, una percentuale che non risulta essere molto più elevata rispetto ai valori attuali dell’indice.
Nel caso in cui queste previsioni dovessero essere confermate, il tasso medio del mutuo che abbiamo preso in considerazione arriverebbe al 5,15%. La rata, a questo punto, diventerebbe di circa 748 euro: stiamo parlando di 292 euro in più rispetto al mese di gennaio 2022.
Le notizie, però, sono leggermente migliori con l’inizio dell’anno. La tendenza che abbiamo visto potrebbe invertirsi nel corso del mese di giugno 2024, quanto è previsto un calo del tasso al 4,92% che dovrebbe scendere al 4,28% a giugno 2025.
Uno dei fattori da tenere in considerazione è anche la contrazione del mercato dei mutui. Secondo una recente analisi preparata da Kiron, una società di intermediazione creditizia del gruppo Tecnocasa, sono in calo le richieste di mutuo e, ovviamente, le erogazioni. Nel corso del primo trimestre 2023, le famiglie hanno ottenuto mutui per un importo complessivo pari a 10.302 milioni di euro. Rispetto allo stesso periodo del 2022 è stata registrata una contrazione del 26%, pari a oltre 3,6 miliardi di euro in meno.
Il peggio dovrebbe essere ormai alle spalle. Gli aumenti dei tassi di interesse – spiega Renato Landoni, Presidente Kìron -che hanno influenzato negativamente l’andamento del mercato rispetto allo scorso anno, dovrebbero aver terminato o quasi la loro corsa al rialzo. Molto dipenderà da due fattori: da una parte l’andamento dell’inflazione che spinge la BCE ad alzare i tassi per fronteggiarla, dall’altra l’andamento dell’economia che, se in contrazione, incide sul ribasso dei tassi di interesse. L’evoluzione di questi due fattori ha influenzato la domanda di credito che nel primo semestre ha fatto rilevare una diminuzione di oltre il 22%. Dal punto di vista dell’offerta invece le banche hanno sempre una buona predisposizione ad erogare credito alle famiglie, anche se rispetto al passato lo fanno sempre con maggiore attenzione e con analisi sempre più attente e puntuali sulla solvibilità dei richiedenti. Nel complesso ci aspettiamo una prosecuzione del calo in linea con quanto registrato nel primo trimestre con una probabile, auspicata, ripresa nell’ultimo trimestre dell’anno.
Mutui casa per i più giovani
Buone notizie, invece, arrivano dal Decreto Energia 2023, con il quale il governo ha introdotto delle misure straordinarie per le famiglie e le imprese. L’articolo 4 ha introdotto la proroga fino al 31 dicembre 2023 della garanzia all’80% per i mutui prima casa contratti delle giovani coppie con meno di 36 anni.
Attraverso il nuovo decreto viene ampliato il termine, scaduto lo scorso 30 giugno 2023, per la presentazione delle domande. Il fondo prevede la garanzia all’80% per i finanziamenti richiesti per l’acquisto della prima casa: per poter accedere all’agevolazione è necessario avere un Isee inferiore a 40.000 euro annui.
Il mutuo deve coprire fino all’80% del valore dell’immobile acquistato, compresi gli oneri accessori.
Possono accedere a questa agevolazione i seguenti soggetti:
- giovani coppie conviventi o coniugate, che abbiano costituito il nucleo familiare da almeno due anni;
- nuclei familiari monogenitoriali, purché siano presenti dei figli minorenni conviventi;
- conduttori di alloggi di proprietà degli istituti autonomi per le case popolari;
- i giovani under 36.
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