Molta l’attenzione riservata dal Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte all’economia circolare, inserita infatti nel programma di governo. Nominata dal Premier nel suo discorso per chiedere la fiducia in Parlamento, costituisce una questione di estrema rilevanza per il nuovo Esecutivo. Guardando al futuro, l’Italia dovrà indirizzare il sistema produttivo verso un’economia caratterizzata da circolarità.
Di che cosa si tratta? Quali sono gli aspetti che identificano l’economia circolare e cosa deve fare il nostro Paese per poter mantenere sul tema una posizione di primato europeo? Cerchiamo di capire in cosa consiste l’economia circolare e quali sono gli obiettivi da raggiungere.
Cos’è l’Economia Circolare
Economia circolare è un’espressione utilizzata per far riferimento ad un’economia in grado di rigenerarsi da sola. I materiali impiegati, biologici e tecnologici, devono essere riutilizzati in successivi cicli produttivi.
Il primo aspetto da evidenziare è che il concetto di economia circolare si contrappone a quello di economia lineare, che ha caratterizzato gli ultimi 150 anni la nostra storia. In un modello di tipo lineare alla fine del ciclo produttivo il prodotto diviene un rifiuto che viene gettato via. Con questo sistema molteplici sono gli effetti negativi, soprattutto di carattere ambientale. Si pensi alla presenza di mari contaminati, alle emissioni di gas serra, ai cumuli di rifiuti, ai conflitti per l’approvvigionamento di materie prime e alle lotte per il controllo di potere.
Si impone dunque un cambiamento. L’elaborazione di modalità di procedere alternative si rende necessaria, unitamente all’uso di forme di energia rinnovabili ed ecosostenibili.
Parola d’ordine: riciclo
Gli effetti dannosi possono invece essere limitati con un’economia circolare, dove la parola d’ordine è il riciclo. Il rifiuto viene concepito come nuova risorsa e verso questo obiettivo si devono muovere tutte le attività che contribuiscono al ciclo di produzione. Si minimizzano in questo modo sprechi e perdite inutili.
Siamo in presenza di un nuovo modo di pensare rispetto al modello classico improntato invece unicamente sulla massimizzazione dei profitti, minimizzazione dei costi produttivi e sull’iper sfruttamento delle risorse disponibili che, dopo essere state utilizzate, vengono eliminate.
L’economia lineare è una via non più percorribile, poiché il nostro pianeta non è più in grado di sostenere sprechi delle risorse. È chiara l’idea che sia indispensabile un cambiamento di rotta e che si deve procedere in fretta, promuovendo uno sfruttamento della Terra che sia più consapevole e oculato.
Un progetto simile implica un diverso modo di pensare, un cambiamento radicale nel modo di produrre e di consumare, mettendo al primo posto ambiente ed esseri umani.
Su quali principi si basa l’economia circolare
Per attuare questa trasformazione ecologica sarà indispensabile rivedere le varie fasi di produzione. Adottare un modello di economia circolare vuol dire rivedere i meccanismi di creazione del prodotto, dalla progettazione, alla produzione e al consumo, fino alla fine del ciclo di vita del prodotto, in un’ottica di risparmio di risorse, energia e perdite.
Ciò che viene gettato via nel corso della vita quotidiana o nello svolgimento di attività industriali dovrà essere reinserito nel ciclo produttivo. Come già avviene in natura, tutto deve poter essere riutilizzato e rigenerato. Lo scarto deve essere trasformato in materia prima seconda.
Altra regola fondamentale cui attenersi è quella di non condannare a morte materiali ancora sani, almeno in parte, che magari possono semplicemente essere smontati e riutilizzati nelle parti ancora funzionanti. In un’economia circolare comportamenti dei consumatori, gestione dei rifiuti, processo di innovazione e sviluppo tecnologico, muovono in un’unica direzione, volta alla creazione di nuove risorse, con riduzione ai minimi livelli dello spreco.
Principi cardine
Per rendere concreto il proposito di dare attuazione ad un’economia circolare occorre rispettare alcuni principi cardine che possiamo qui riassumere:
- la progettazione dei prodotti deve essere effettuata pensando al loro utilizzo una volta giunti al termine del ciclo vitale; essi devono essere strutturati in modo da poter essere smontati e riutilizzati in modo agevole;
- modularità e versatilità deve caratterizzare i prodotti da adattarsi in funzione del cambiamento delle condizioni esterne;
- la produzione dovrà avvenire mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili a scapito delle fonti fossili, al fine di non impattare in modo negativo sull’ambiente;
- attività di recupero dei materiali: riscoprire la materia scartata come fonte di materia.
È evidente come il processo sia di complessa attuazione se si considera che si dovrà stravolgere il ciclo di produzione per come è stato pensato nel corso degli anni passati.
Il progetto certamente può dirsi ambizioso e l’Italia è già posta ai primi posti tra le 5 grandi economie europee (Regno Unito, Germania, Francia e Spagna) nel raggiungimento degli obiettivi.
Fornendo qualche dato possiamo dire che il nostro Paese si caratterizza per avere la quota maggiore (pari al 18,5 per cento) in ambito di recupero delle materie prime. Questo non vuol dire che non vi siano punti di criticità, si pensi ad esempio ai problemi connessi agli investimenti pubblici e privati.
Quali sono i vantaggi di un’economia circolare
Un Paese che adotti un modello di economia circolare può mettere in conto numerosi vantaggi. Un approccio di questo tipo costituisce per l’Italia certamente un’opportunità e un motivo di sviluppo.
Aspetti positivi si segnalano a favore delle aziende che non sono più strettamente legate alla necessità di recuperare materie prime. Ampi spazi potranno essere riservati all’adozione di soluzioni innovative. Nuovi modi di produrre e nuove opportunità di lavoro, il tutto nell’ottica di maggiori stimoli e competitività, con conseguente miglioramento dei risultati.
Il nuovo modo di pensare e di lavorare comporterà la necessità di nuove figure professionali. Un’economia circolare porterà dunque dei vantaggi anche nel mondo del lavoro.
Tuttavia non solo le aziende e i lavoratori potranno conseguire dei vantaggi: anche associazioni, università, enti pubblici e fondazioni si potranno coinvolgere in modo positivo. In sintesi si conseguirebbe un miglioramento del ciclo produttivo e nuove opportunità di occupazione e formazione in un contesto di sostenibilità, competitività e sviluppo.