Il discusso cashback di Stato, di cui più volte ci siamo occupati su queste pagine, va verso la sospensione a partire dal primo luglio. Mai particolarmente apprezzato dal Governo guidato dall’ex banchiere centrale, ora il meccanismo potrebbe davvero essere alle battute finali: se è vero che sulla carta si tratta di uno stop temporaneo, già molti osservatori hanno rilevato che difficilmente il cashback di Stato sarà ‘recuperato’. E se mai ciò succedesse, sarebbe di certo un meccanismo rinnovato e ben diverso da quello che fu cavallo di battaglia del Governo giallo-rosso del Conte bis.
Insomma, almeno per il momento il cashback di Stato si troverebbe al capolinea il 30 giugno. La decisione è stata presa in queste ore dalla cabina di regia del governo, eliminando di fatto la tranche del secondo semestre 2021.
Cashback di Stato: che cos’è in sintesi
Il Governo guidato da Giuseppe Conte introdusse il cashback di Stato per spingere ad effettuare i pagamenti elettronici con carta, ossia con strumenti di pagamento tracciabili da parte del Fisco. Il cashback, per sua natura, prevede il beneficio dell’ottenimento di un rimborso sugli acquisti del 10%. Avviato in via sperimentale l’Extra cashback di Natale l’8 dicembre 2020 e poi terminato il 31 dicembre 2020, dal primo gennaio 2021 è cominciato il cashback standard (fase 1 dal primo gennaio al 30 giugno). Ma durerà ancora poche ore. Come sopra accennato, il Governo Draghi infatti non intende confermarlo per il secondo semestre di quest’anno.
Nell’ambito del programma Italia Cashless, varata qualche tempo fa anche la lotteria scontrini, un’iniziativa che in qualche modo si lega al cashback di Stato. La finalità è quella di spingere il consumatore ad usare di meno i contanti e maggiormente le carte per gli acquisti. Digitalizzazione, trasparenza e contrasto all’evasione fiscale sono infatti parole d’ordine dell’iniziativa Italia Cashless.
Nonostante ciò – come accennato – dal 30 giugno calerà il sipario sull’operazione cashback di Stato. Si tratta di una pausa che assomiglia molto ad un addio al termine dei sei mesi di stop. E’ stata la cabina di regia del Governo, alla presenza di Draghi e di alcuni ministri, a scegliere per il blocco, nella giornata del 28 giugno a Palazzo Chigi.
Una misura che non convince: il perchè dell’abbandono
In effetti lo stop al cashback di Stato non stupisce eccessivamente. Pur avendo coinvolto un numero vicino ai 9 milioni di contribuenti, lo strumento è stato bersaglio nei suoi primi sei mesi di vita di feroci critiche per i vari punti deboli del meccanismo. Anche la massiccia copertura economica richiesta per consentire l’assegnazione del beneficio, non ha convinto buona parte degli osservatori.
Senza contare che nel PNRR italiano, ossia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il cashback era già stato escluso. Ciò in ragione della scelta di dirottare le risorse verso altre misure.
Sebbene la notizia non abbia ancora il carattere dell’ufficialità, già sono comparse le prime anticipazioni di stampa, che lasciano intendere che lo stop è ormai cosa certa. Ricapitolando, il cashback di Stato si fermerà il 30 giugno, terminando il semestre con il versamento dei rimborsi relativi alle transazioni compiute con app e carte di debito e credito. Sarà altresì versato il premio del cd. Super Cashback: infatti, i primi 100mila utenti per numero di operazioni elettroniche effettuate, avranno diritto al maxi rimborso da 1500 euro. Non è però facile entrare in classifica: in questo preciso momento è necessario aver accumulato più di 689 transazioni valide. Certamente non poco.
Il blocco licenziamenti è stato determinante per lo stop
Come detto, occasione per decidere per lo stop è stata la riunione della cabina di regia del 28 giugno. In essa, tema dominante è stato la questione del blocco licenziamenti. Evidentemente, nel corso del dibattito, è emersa la necessità di recuperare risorse utili al finanziamento della Cig per i settori più in crisi per cui il blocco rimane (tessile, moda e produzione calzature).
Insomma, una valida ragione per ‘tagliare’ ove possibile e, in queste circostanze, si è ritenuto di accantonare (almeno temporanemente) il cashback di Stato. Quel che appare certo è che alla fine i pareri di chi finora si è opposto alla misura, hanno prevalso.
Accolti i rilievi di Fratelli d’Italia e della Corte dei Conti
Soprattutto la formazione politica Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha in questi mesi manifestato dissenso verso il cashback di Stato. Recentemente, il partito aveva infatti presentato una mozione al Senato, poi respinta. Ma nella stessa occasione, vi fu l’ok ad una mozione della maggioranza che evidenziava le “criticità” emerse, domandando un “monitoraggio” del programma per valutare nuovi “provvedimenti correttivi”.
La stessa magistratura contabile aveva rimarcato le lacune del programma, pur rilevando altresì la bontà dell’obiettivo della riduzione dell’uso del contante, al fine di favorire l’emersione del nero e produrre un maggior gettito Iva. “L’analisi effettuata, pur inevitabilmente parziale dato il breve periodo di tempo intercorso dall’avvio delle diverse iniziative, ha fatto emergere l’esistenza di criticità e limiti nell’esperienza finora maturata. In particolare, relativamente al cashback sembrerebbero sussistere difficoltà a monitorare i reali effetti economici e tributari prodotti dalla misura”, queste infatti le parole usate recentemente dalla Corte dei Conti nel suo Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2021.
Concludendo, appare ben chiaro il perchè dell’abbandono del cashback di Stato da parte della cabina di regia guidata dal Premier Mario Draghi. In verità però non è altrettanto limpido se detto beneficio sarà solo sospeso – e nel frattempo migliorato – oppure cancellato definitivamente. Di certo non riprenderà il primo luglio, ma potrebbe ritornare il prossimo anno.