Il Bonus POS ossia il credito d’imposta riconosciuto a imprese, autonomi e professionisti per i pagamenti riscossi tramite bancomat e carte elettroniche sarà operativo dal 1° luglio.
Lo Stato vuole promuovere il pagamento di beni e servizi tramite strumenti di pagamento tracciabili sfavorendo l’uso del contante. L’obiettivo è quello di contrastare l’evasione in quanto al pagamento tramite carta di credito, bancomat, postPay ecc deve necessariamente corrispondere l’emissione della fattura o del documento commerciale. Sempre dal 1° luglio, non sarà possibile effettuare pagamenti in contanti se pari o superiori a 2.000 €.
Ecco in chiaro chi può richiedere il bonus POS e come va calcolato.
Bonus per pagamenti con bancomat e carta: come funziona
Il bonus POS si sostanzia in un credito d’imposta del 30% sulle spese addebitate dalla banca per le transazioni elettroniche effettuate dai consumatori finali dal 1° luglio 2020. L’agevolazione spetta ad imprese e professionisti.
Difatti, quando ci rechiamo in un negozio per acquistare determinati beni e vogliamo pagare con carte di credito, bancomat, post Pay ecc, l’esercente deve essere dotato del c.d POS.
Il servizio per l’utilizzo del POS è messo a disposizione in genere da parte della banca. Per tale servizio la banca riceve delle commissioni anche sul totale transato. Detto ciò, le commissioni sono a carico dell’esercente.
Per ristorare l’esercente dalle commissioni pagate , lo Stato ha dunque previsto il bonus POS.
L’accesso all’incentivo fiscale è riservato ai soli operatori con ricavi o compensi, nell’anno d’imposta precedente, di ammontare non superiore a 400mila euro.
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Le operazioni interessate
Il credito d’imposta spetta sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nei confronti di consumatori finali. Dunque, sono escluse le operazioni effettuate dall’esercente nei confronti di soggetti che agiscono nell’esercizio di impresa, arti professioni. Per intenderci, io, consumatore finale, mi reco ad esempio in un negozio di abbigliamento e faccio un pagamento in contanti.
In tale caso, l’esercente sulle commissioni pagate alla banca per il servizio POS ha diritto al credito d’imposta del 30%. Al contrario, un avvocato si reca in una cartolibreria per acquistare del materiale di cancelleria per il suo studio. Per tale operazione, all’esercente non spetterà alcun bonus.
Credito d’imposta (o bonus POS): come si usa
Il bonus POS:
- può essere usato esclusivamente in compensazione in F24, dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa;
- deve essere indicato dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di maturazione del credito e in quelle degli anni seguenti, fino a quando se ne conclude l’utilizzo;
- non concorre alla formazione né della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi né del valore della produzione Irap;
- è concesso nel rispetto delle condizioni e dei limiti fissati dalle norme europee in materia di aiuti de minimis.
In merito all’ultimo punto, è previsto un massimale agevolativo di 200mila euro nell’arco di tre esercizi finanziari. Il limite è pari a 25.000 € per i produttori agricoli . Per chi opera nel settore della pesca e dell’acquacoltura il monte è fissato a 30.000 €.
Calcolo del credito d’imposta spettante
Come fa l’esercente a calcolare nello specifico il credito d’imposta spettante? Deve conoscere a monte il totale delle commissioni pagate.
Ebbene, la Banca d’Italia con il provvedimento del 20 aprile 2020 ha fissato le modalità e i criteri con cui le banche (e gli altri prestatori di servizi di pagamento) devono comunicare all’esercente:
- l’elenco delle operazioni effettuate;
- le commissioni pagate sulle operazioni.
La comunicazione è effettuata in via telematica (PEC, home banking) entro il giorno 20 del mese successivo a quello di riferimento.
In un prospetto descrittivo sono riportate il totale delle commissioni pagate e quelle riconducibili alle sole operazioni effettuate verso i consumatori finali. Uniche operazioni per le quali è ammesso il credito d’imposta.
In tale modo, l’esercente ha tutti dati per calcolare il credito d’imposta del 30%.
I controlli dell’Agenzia delle Entrate
L’agenzia delle entrate controlla l’effettiva spettanza del credito d’imposta in favore dell’esercente.
A tal proposito, l banche e gli altri prestatoti del sevizio POS comunicano all’Agenzia le informazioni necessarie a verificare la legittima del credito d’imposta.
Sono oggetto di comunicazione(provvedimento Agenzia delle entrate, 29 aprile 2020):
- il codice fiscale dell’esercente;
- il mese e l’anno di addebito;
- il numero totale delle operazioni di pagamento effettuate nel periodo di riferimento;
- il numero totale delle operazioni di pagamento riconducibili a consumatori finali;
- l’importo delle commissioni addebitate per le operazioni di pagamento riconducibili a consumatori finali;
- l’ammontare dei costi fissi periodici ottenuti dall’esercente.
La comunicazione è effettuata tramite il Sistema di interscambio (SDI) entro il 20 del mese successivo a quello di riferimento.
Ad esempio, in riferimento alle operazioni di agosto, la comunicazione è effettuata entro il 20 di settembre.
Limiti all’uso del contante dal 1° luglio
Sempre dal 1° luglio non sarà possibile utilizzare denaro contante per pagare importi pari o superiori a 2.000. euro. Ad oggi il limite è pari a 3.000 €. Dal 1° gennaio 2022 si scenderà ulteriormente, a mille euro.
E’ da precisare che:
- si potrà comunque prelevare dal proprio conto corrente importi anche superiori a 2.000 €;
- per pagare un’unica fattura di importo pari o superiore a 2.000 è possibile pagare in contanti l’eventuale caparra non oltre la soglia citata.
Ad esempio, si potrà continuare a pagare in contanti il dentista tramite degli acconti regolarmente fatturati. Anche se l’importo totalmente dovuto (trattamento ortodontico annuale) è pari o supera le 2.000 euro.
Gli acconti, considerati singolarmente, non devono comunque superare la soglia in esame.. Ciò comporterebbe l’obbligo di pagamento tacciabile. Obbligo assolto tramite assegni, carte di credito, bancomat ecc.
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“Non è ravvisabile la violazione nell’ipotesi in cui una pluralità di distinti pagamenti sia connaturata all’operazione stessa (ad es. contratto di somministrazione) ovvero sia la conseguenza di un preventivo accordo negoziale tra le parti (ad es. pagamento rateale)”.
Indicazione rilasciata dal MEF, Dipartimento del Tesoro.