Una delle ultime proposte dei sindacati ha a che fare con stipendi e buoni pasto. Per la questione delle alte commissioni, sempre più attività commerciali in questo periodo stanno rifiutando i buoni pasto e, dunque, per le associazioni a tutela dei diritti dei lavoratori è giunto il momento di correre ai ripari, anche su questo fronte. Come? Aumentando gli stipendi tramite accredito del valore corrispondente dei buoni in busta paga.
Una proposta che non intende essere semplicemente una sorta di provocazione contro un sistema di regole sui buoni pasto che, da più parti, da tempo si chiede di modificare. Piuttosto l’accredito dei buoni pasto in busta paga rappresenta una concreta via d’uscita al problema per il quale sempre meno bar, ristoranti e supermercati accettano i buoni pasto erogati a milioni di italiani insieme con lo stipendio mensile.
Come potrebbe funzionare in concreto l’ipotesi lanciata dai sindacati, che di fatto apre ad un ‘riutilizzo’ dei buoni pasto? Scopriamolo di seguito.
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Buoni pasto accreditati in busta paga: il perché della proposta
I buoni pasto consistono in ticket che possono essere dati dal datore di lavoro al fine di fruire di servizi sostitutivi di mensa. Essi hanno la peculiarità di poter essere spesi soltanto per l’acquisto di beni alimentari. Per i lavoratori un vantaggio interessante è rappresentato dalla possibilità di spesa pari al valore nominale, mentre per le aziende il buono pasto consente maggior flessibilità oraria per la pausa pranzo e favorisce la produttività dei singoli lavoratori (maggior soddisfazione di questi ultimi).
Non vi sono dubbi: per il dipendente i buoni pasto hanno sempre rappresentato uno strumento utile, elastico e essenziale al fine di attutire le spese sia per pranzi o cene in orari di lavoro, sia per la spesa vera e propria. Tuttavia negli ultimi tempi detti ticket sono sempre meno accettati da bar, ristoranti e supermercati, al posto dei contanti.
Il motivo non è difficile da comprendere: gli esercenti e le imprese hanno più volte espresso forti critiche e protestato contro le commissioni da pagare sui buoni che, a loro dire, implicherebbero una forte riduzione del ricavo. Le richieste alle istituzioni sono mirate così a ridurre quella che, da parte delle associazioni di categoria, è stata ridefinita una vera e propria ‘tassa occulta’.
Il problema delle commissioni dei buoni pasto
Vero è che, accettando i buoni pasto i commercianti debbono infatti far fronte a commissioni che vanno dal 10 al 20% del valore del buono – e ciò per loro rappresenta certamente un limite al profitto.
Insomma, non stupisce affatto che gli esercenti stiano chiedendo alle istituzioni una riforma che renda il sistema economicamente più sostenibile per bar, ristoranti e altre attività. Ciò specialmente in una situazione come quella attuale, già gravosa per i marcatissimi aumenti dei costi dell’energia e delle materie prime.
Punti cardine della riforma dei buoni pasto sarebbero, in ogni caso, commissioni di gestione più basse e salvaguardia del valore nominale dei titoli, vale a dire un valore identico sia per il consumatore sia per l’impresa.
Ecco perché la citata iniziativa dei sindacati ha un evidente fondamento e si combina con le richieste del mondo delle imprese.
Buoni pasto in busta paga: quali sono i vantaggi?
Come accennato, le occasioni per l’utilizzo dei buoni pasto stanno via via calando e così ben si spiega il persistente pressing dei sindacati, al fine di trovare una soluzione che possa essere di aiuto tanto alle aziende quanto ai lavoratori subordinati.
Le associazioni a tutela dei lavoratori mirano, come accennato, a far accreditare in via diretta in busta paga il valore corrispettivo dei buoni pasto. Ciò agevolerà di fatto il singolo dipendente: egli infatti sarà libero di scegliere come, quando e se sfruttare il contributo, senza essere obbligato a spenderlo prima della scadenza. In altre parole, ciò rappresenterebbe una soluzione pratica, che a monte risolverebbe il problema del no di attività quali bar, ristoranti e supermercati ai buoni pasto presentati per fare la spesa.
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Per fare ciò tuttavia è necessario intervenire sulle regole vigenti in tema di buoni pasto. Sarà compito dell’Esecutivo ancora in carica o, più probabilmente, di quello che si insedierà dopo le elezioni di fine settembre, apportare le eventuali modifiche richieste dai sindacati, come anche dal mondo delle imprese.
I sindacati hanno altresì chiarito che la proposta di revisione dei buoni pasto non prevedrebbe soltanto l’assorbimento dei ticket nella busta paga, ma anche la conservazione delle agevolazioni fiscali. In termini pratici, ciò comporterebbe più liquidità per i lavoratori subordinati, la quale sarebbe del tutto deducibile ai fini Ires e Irap per le imprese. E inoltre sul lavoratore non ricadrebbero specifici oneri fiscali.
Ricordiamo infine che i buoni pasto in busta paga sarebbero utili anche ad un altro scopo: aumentare gli stipendi per ridurre il peso dell’inflazione.