Con l’introduzione dell’Assegno di Inclusione (ADI), molte famiglie si trovano a fare i conti con nuovi criteri e requisiti. Tra i concetti che suscitano maggiore interesse e anche incertezza ci sono i “carichi di cura” e la figura del “caregiver familiare”. Due elementi che non solo incidono sull’importo dell’assegno, ma determinano anche l’accesso stesso alla misura.
Gentile redazione, mi chiamo Andrea e vi scrivo per conto dei miei genitori. Stiamo completando la domanda per l’Assegno di Inclusione e abbiamo letto che la scala di equivalenza aumenta se nel nucleo c’è un caregiver o se ci sono carichi di cura. Potete spiegarci con parole semplici cosa significano questi termini e se spettano anche degli arretrati per chi non li aveva indicati inizialmente?
Ringraziamo Andrea per la sua domanda. Il suo caso è comune a tante famiglie che ci seguono e ci dà l’occasione per chiarire due concetti fondamentali dell’ADI. Ricordiamo che il nostro servizio “La Posta di Lavoro e Diritti” è a disposizione di tutti i lettori: potete scriverci dalla sezione Contatti del sito.
Carichi di cura: cosa significa
In base alla normativa sull’Assegno di Inclusione, per “carichi di cura” si intende la presenza, nel nucleo familiare, di:
- un figlio di età inferiore a 3 anni;
- tre o più figli minorenni;
- una persona con disabilità grave o non autosufficienza.
Se si verifica almeno una di queste condizioni, alla scala di equivalenza viene aggiunto un coefficiente di 0,40, che consente di aumentare l’importo dell’assegno e di migliorare la soglia per l’accesso al beneficio.
Chi è il caregiver familiare per l’ADI
Il caregiver è la persona che si occupa quotidianamente della cura e dell’assistenza di un componente del nucleo familiare che rientra nei carichi di cura. Non solo chi assiste un disabile, quindi, ma anche chi si prende cura di figli piccoli o di più figli minorenni.
Il caregiver familiare svolge questa attività senza retribuzione e al di fuori di un contratto di lavoro. La sua condizione deve risultare dal Patto di inclusione sociale sottoscritto con i servizi sociali.
Oltre a determinare un aumento della scala di equivalenza, il caregiver ha diritto a non prendere parte alle politiche attive del lavoro, anche se è in età lavorativa. Proprio perché impegnato nelle cure familiari, non è obbligato a frequentare corsi di formazione o cercare un impiego. È per questo motivo che questi soggetti rientrano nell’ADI e non nel Supporto per la formazione e il lavoro (SFL).
Arretrati ADI per i carichi di cura: ultimi aggiornamenti
Con il Messaggio n. 592 del 17 febbraio 2025, l’INPS ha precisato che il carico di cura viene riconosciuto automaticamente, anche se non indicato nella domanda iniziale, purché i requisiti siano documentati nel Patto per l’inclusione. Non serve più quindi presentare il modello ADi Com, ma basta che il tutto sia specificato nella DSU ai fini ISEE.
L’Istituto provvederà al ricalcolo dell’importo spettante e all’erogazione degli eventuali arretrati, a partire dal mese in cui la condizione è stata formalizzata con i servizi sociali (quindi anche dal 2024 in poi).
Sono riesaminate anche le domande respinte per mancanza dei requisiti economici: se il riconoscimento del carico di cura comporta un aumento della scala di equivalenza, la domanda può essere accolta e i pagamenti recuperati. Per verificare la propria situazione è possibile accedere al fascicolo ADI sul sito INPS oppure rivolgersi a un patronato.
Come noto siamo però ancora in attesa che le pratiche del 2024 vengano aggiornate e vengano ricalcolati e pagati gli arretrati dovuti. Gli arretrati potrebbero arrivare già con il prossimo pagamento ordinario dell’Assegno di Inclusione di Aprile 2025.
Conclusione
Capire chi è il caregiver e cosa si intende per carichi di cura è fondamentale per non perdere un sostegno economico importante come l’Assegno di Inclusione.
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