La corte di cassazione torna a pronunciarsi in materia di privacy dei lavoratori e in particolare di videosorveglianza a lavoro con la sentenza n.22148/2017 del 9 gennaio e depositata il 9 maggio 2017.
Per la suprema corte costituisce reato installare impianti di videosorveglianza a lavoro senza il preventivo accordo sindacale o l’autorizzazione da parte della Direzione Territoriale del Lavoro, così come previsto dallo Statuto dei Lavoratori Legge 300/1970 e s.m.i.
A nulla vale l’accordo sottoscritto dai singoli lavoratori anche se raggiunto preventivamente all’installazione dell’impianto di videosorveglianza a lavoro. Si stravolge quindi l’orientamento giurisprudenziale tenuto in precedenza, secondo cui non c’è reato nel momento in cui il datore chiede il consenso preventivo ai suoi dipendenti pur non avendo raggiunto un accordo sindacale.
Videosorveglianza a lavoro dopo il Jobs Act
Gli ermellini ricordano che anche le ultime novità legislative previste nel Jobs Act e contenute nel D. Lgs 151/2016 ribadiscono che l’installazione di apparecchiature, tra cui gli impianti di videosorveglianza a lavoro deve essere preceduta da un accordo tra datore di lavoro e e rappresentanze sindacali dei lavoratori.
L’impianto di videosorveglianza può essere usato esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale ma può derivare anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
Se l’accordo collettivo quindi non è raggiunto, il datore di lavoro può installare l’impianto solo ottenendo un provvedimento autorizzativo da parte dell’autorità amministrativa (Direzione territoriale del lavoro) che si sostituisce al mancato accordo sindacale cosicché, in mancanza di accordo o del provvedimento alternativo di autorizzazione, l’installazione dell’apparecchiatura è illegittima e penalmente sanzionata.
Anche il Garante per la Privacy, ricorda la Cassazione, ha più volte ritenuto illecito il trattamento dei dati personali mediante sistemi di videosorveglianza, in assenza del rispetto delle garanzie di cui all’art. 4, comma 2, Stat. lav. e nonostante la sussistenza del consenso dei lavoratori (cfr. relazione Garante per la protezione dei dati personali, per l’anno 2013, pubblicata nel 2014).
In conclusione, per i suddetti motivi, è ascrivibile a reato penale e condotta antisindacale l’installazione d’impianti di videosorveglianza a lavoro senza previo accordo sindacale o l’autorizzazione da parte della Direzione Territoriale del Lavoro, di cui all’art. 4 Statuto dei lavoratori, anche se si è precedentemente raggiunto un accordo con i singoli lavoratori, in quanto si tratta di una tutela di interessi di carattere collettivo e superindividuale e quindi tutelabile solo dal sindacato.