La Cassazione, sez lavoro, con la sentenza nr. 172 dello scorso 8 gennaio, torna a pronunciarsi in tema di mobbing affermando che, il danno alla professionalità del dipendente mobbizzato, va provato separatamente. Il riconoscimento del danno biologico da mobbing infatti, non determina automaticamente il riconoscimento del danno professionale.
Il caso è giunto in Cassazione a seguito del ricorso avverso presentato da una lavoratrice dipendente del Comune di Roma che, oltre al risarcimento del danno da mobbing, (riconosciutole nella misura di € 16mila), chiedeva anche il riconoscimento del danno professionale.
La corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosceva provato il danno subito dalla dipendente a causa delle condotte mobbizzanti del datore di lavoro, concretizzatesi in provvedimenti disciplinari e trasferimenti dichiarati illegittimi; tuttavia, la Corte escludeva il danno alla professionalità, non ritenendolo provato nemmeno presuntivamente.
E ciò perchè il periodo di inattività, dovuto al comportamento illegittimo del Comune di Roma, non aveva prodotto conseguenze in termini di perdita di opportunità lavorative o obsolescenza. La lavoratrice, pertanto ricorreva in Cassazione
Secondo gli Ermellini, non c’è contraddittorietà nel riconoscimento del danno biologico e nel rigetto della domanda relativa al danno professionale da mobbing. “E’ di palmare evidenza che le due voci di danno hanno presupposti completamente diversi, essendo uno relativo al fisico del lavoratore, mentre il secondo alla sua professionalità e cioè all’aspetto della sua prestazione e capacità lavorativa”.
La Suprema Corte, ribadisce ancora una volta che, secondo giurisprudenza ormai consolidata, “in caso di accertato demansionamento professionale, la liquidazione del danno alla professionalità del lavoratore, non può prescindere dalla prova del danno”.
Il danno alla professionalità, pertanto,”non può essere considerato in re ipsa nel semplice demansionamento, essendo invece onere del dipendente provare tale danno dimostrando, ad esempio, un ostacolo alla progressione di carriera”.