Come noto, la cd. “Legge 104” permette ai lavoratori subordinati che assistono un familiare disabile di poter richiedere il trasferimento in una sede di lavoro più vicina alla propria abitazione. Ciò al fine di fornire al meglio le cure di cui ha bisogno la persona portatrice di handicap.
Nel corso del tempo, però, alla luce soprattutto della recente giurisprudenza, i requisiti e le regole per poter richiedere il trasferimento sono divenute sempre più stringenti. Infatti, affinché il cd. caregiver possa lecitamente richiedere il trasferimento in una sede di lavoro più vicina, occorre dimostrare di aver già prestato assistenza in passato. Cosa vuol dire? Significa semplicemente che il lavoratore deve dar prova di aver già in passato pianificato l’organizzazione della la propria vita, nonché della routine quotidiana, in funzione del familiare da assistere.
È quanto stabilisce la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26603 del 18 ottobre 2019.
Trasferimento sede con Legge 104: il caso
I giudici della Suprema Corte si sono espressi in merito a un caso di trasferimento della sede di lavoro per assistenza del familiare disabile. Nel caso di specie, la pronuncia di primo grado ha accolto la domanda del lavoratore di trasferirsi in altro ufficio della zona, limitrofa al comune di residenza della suocera inabile.
La società, però, ricorrendo alla Corte d’Appello, lamentava l’erronea interpretazione dell’art. 33 della L. n. 104/1992, poiché in contrasto con l’art, 41 della Costituzione. Ciò in relazione al semplice fatto che la lavoratrice non ha alcun diritto soggettivo di modificare la sede di lavoro in corso di rapporto, laddove il trasferimento fosse in contrasto con le inderogabili esigenze aziendali. I giudici di merito, però, respingevano nuovamente l’azione proposta dalla società.
Nonostante le due pronunce sfavorevoli, il datore di lavoro impugnava la sentenza e ricorreva in Cassazione.
Normativa Legge 104
Come noto, l’art. 33, co. 5 della L. n. 104/1992 prevede un’agevolazione di non poco conto in favore del genitore o familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità:
- un parente;
- un affine entro il terzo grado
Infatti, qualora la persona da assistere sia con lui convivente ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio. Inoltre, non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
Trasferimento sede per assistenza disabile: la Cassazione
La Suprema Corte ha respinto i motivi del datore di lavoro. Secondo gli ermellini, per valutare se un caregiver sia meritevole di trasferimento in una sede più vicina al proprio domicilio, bisogna osservare il comportamento pregresso. Soltanto in questo modo è possibile comprendere fino a fondo se la richiesta ha effettivamente la funzione di assistenza al familiare disabile.
Ma quale sono i requisiti da guardare? Sul punto, i giudici di legittimità affermano innanzitutto che bisogna osservare se il richiedente abbia mai usufruito delle varie agevolazioni previste dalla Legge 104. Un utile parametro di riferimento, ad esempio, potrebbe essere la fruizione dei tre giorni di permessi di congedo mensile.
Leggi anche: Permessi Legge 104: come funziona, chi ne ha diritto e come usufruire
Inoltre, è necessario verificare che il datore di lavoro possa effettivamente soddisfare le pretese del lavoratore, ossia se esistano sedi di lavoro secondarie e più vicine al lavoratore.
Se tale presupposto si realizza e il datore di lavoro abbia effettivamente verificato che l’avvicinamento è finalizzato a un’assistenza più proficua, l’azienda non può negare il trasferimento.