La Corte Europea di giustizia torna a decidere sulla questione del contratto a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione. Dopo i precari della scuola, la Corte Europea torna sull’argomento con la sentenza nr. C-16/15 questa volta relativa al settore della sanità pubblica.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle clausole da 3 a 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione, concluso il 18 marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.
La controversia alla base del pronunciamento ha riguardato un’infermiera spagnola e il servizio sanitario di Madrid, in merito all’inquadramento giuridico del suo rapporto di lavoro.
La lavoratrice è stata assunta con un primo contratto a termine successivamente rinnovato per sette volte, mediante contratti a tempo determinato di tre, sei o nove mesi, ogni volta con formulazione identica. La prestazione di lavoro della lavoratrice è stata quindi ininterrotta durante il periodo dal 5 febbraio 2009 al 31 marzo 2013.
La Corte Europea, come già più volte detto, ricorda che la clausola n. 5 ha lo scopo di limitare il ripetuto ricorso ai contratti o ai rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come potenziale fonte di abuso a danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima volte ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti.
Il beneficio della stabilità dell’impiego è inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori, mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori ¹.
Tale clausola impone agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure che essa elenca, qualora il loro diritto interno non contenga norme equivalenti. Tali misure sono rispettivamente:
- ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro,
- durata massima complessiva degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi;
- numero di rinnovi di questi ultimi.
Gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità a tale riguardo, dal momento che essi possono scegliere di far ricorso a una o a più misure sopra enunciate oppure a norme giuridiche equivalenti già esistenti, e ciò tenendo conto, nel contempo, delle esigenze di settori e/o di categorie specifici di lavoratori.
Tuttavia, si legge nella sentenza:
il diritto dell’Unione non prevede sanzioni specifiche nell’ipotesi in cui vengano nondimeno accertati abusi
Spetta dunque alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro.
Ne deriva che, in caso di ricorso abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione, dev’essere possibile applicare una misura dotata di garanzie effettive ed equivalenti di protezione dei lavoratori per punire debitamente detto abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione ² .
La Corte precisa il concetto di «ragione obiettiva» posta alla base dei contratti a termine; tale nozione deve essere intesa nel senso che si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in quest’ultimo peculiare contesto, l’utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Dette circostanze possono risultare dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti in questione, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro.
Quindi una disposizione nazionale che si limitasse ad autorizzare, in modo generale ed astratto, attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato successivi, non sarebbe conforme al diritto dell’Unione.
La suddetta disposizione comporta dunque un rischio concreto di determinare un ricorso abusivo a tale tipo di contratti e, pertanto, non è compatibile con lo scopo e l’effettività dell’accordo quadro.
Nel caso di specie, la Corte ammette il ricorso a contratti a termine per esigenze temporanee tipo la sostituzione di un dipendente ma, non ammette che contratti di lavoro a tempo determinato possano essere rinnovati per la realizzazione, in modo permanente e duraturo, di compiti nel servizio sanitario che appartengono alla normale attività del servizio ospedaliero ordinario.
Il rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato per far fronte alle esigenze che, di fatto, hanno carattere non già provvisorio ma permanente e durevole non è giustificato ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro dato che i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscono la forma comune dei rapporti di lavoro.
Ciò premesso, la Corte Europea di Giustizia afferma i seguenti principi:
La clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, sia applicata dalle autorità dello Stato membro interessato in modo tale che:
- il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi, nel settore pubblico sanitario, sia considerato giustificato da «ragioni obiettive» ai sensi di tale clausola poiché detti contratti sono basati su disposizioni di legge che consentono il rinnovo per assicurare la prestazione di specifici servizi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria, mentre, in realtà, tali esigenze sono permanenti e durature;
- non esista alcun obbligo per l’amministrazione competente di creare posti strutturali che mettano fine all’assunzione di personale con inquadramento statutario occasionale e che gli sia permesso di destinare i posti strutturali creati all’assunzione di personale «a termine», in modo tale che la situazione di precarietà dei lavoratori perduri, mentre lo Stato interessato conosce un deficit strutturale di posti per il personale di ruolo in tale settore.
Inoltre la suddetta clausola 5 non si oppone, in via di principio, ad una normativa nazionale che impone che il rapporto contrattuale termini alla data prevista dal contratto a tempo determinato e che si proceda alla liquidazione di ogni pagamento, senza che ciò escluda un’eventuale nuova nomina, a condizione che detta normativa non sia di natura tale da rimettere in causa l’obiettivo o l’efficacia pratica di tale accordo quadro, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
¹ (sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 62; del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 55, e del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 73)
² (sentenze del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13, EU:C:2014:2044, punto 64 e giurisprudenza ivi citata, nonchè del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, C‑61/13, C‑63/13 e C‑418/13, EU:C:2014:2401, punto 79)
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