E’ possibile installare telecamere nascoste sul posto di lavoro? Come noto, per poter installare strumenti o apparecchiature di videosorveglianza nei luoghi di lavoro i datori di lavoro sono tenuti a darne preventiva comunicazione ai lavoratori. Inoltre è obbligo, sempre del datore di lavoro, affiggere in tutti i locali aziendali in cui si svolge la prestazione lavorativa il cartello della videosorveglianza. Si tratta di un obbligo esplicitamente imposto dalla legge, ed in particolare dall’art. 4 del cd. Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970). Ma è possibile bypassare l’iter procedurale di comunicazione delle telecamere? È sempre obbligatorio informare i lavoratori che sono ripresi durante lo svolgimento dell’attività lavorativa?
Il Grande Camera della Corte di Strasburgo, affronta il delicato argomento con la recente sentenza del 17 ottobre 2019. Vediamo nel dettaglio cosa hanno detto i giudici in merito.
Telecamere nascoste sul posto di lavoro: la vicenda
La vicenda portata all’attenzione dei giudici della Corte Europea riguarda alcuni dipendenti di un supermercato che sono stati ripresi di nascosto sul posto di lavoro da una telecamera.
In particolare, il datore di lavoro aveva sì avvisato i dipendenti dell’esistenza di alcune telecamere, ma ne aveva volontariamente nascoste altre. La finalità, ha dichiarato il datore di lavoro, era quella di scovare i responsabili del furto di prodotti; quindi la finalità dichiarata era la tutela del patrimonio aziendale.
Il parere della Corte di Strasburgo
I giudici della Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo hanno respinto il ricorso dei lavoratori. Innanzitutto, evidenziano in giudici, l’area oggetto di controllo era aperta al pubblico. Inoltre, l’utilizzo delle apparecchiature di videosorveglianza non visibili era avvenuto con modalità tali da non incidere sulla privacy dei dipendenti.
Ma il fattore che maggiormente ha inciso nella decisione riguarda la finalità e le motivazione della mancata comunicazione. In altri termini, i giudici si sono espressi in maniera positiva ammettendo la facoltà di installare telecamere nascoste a una condizione: ossia che la mancata informazione sia giustificata dal sospetto di gravi irregolarità commesse sul posto di lavoro.
Nel caso in concreto, infatti, l’installazione è stata giudicata lecita poiché il datore di lavoro aveva avuto il fondato sospetto che siano stati commessi furti all’interno della sua azienda.
Equilibrio tra privacy dei lavoratori e esigenze datoriali
Quindi, nel caso di specie, secondo la Grande Camera si rispetta il giusto equilibrio tra gli interessi in gioco, ossia:
- il rispetto della privacy;
- l’esigenza datoriale di proteggere i propri beni e assicurare il buon funzionamento dell’attività economica, soprattutto esercitando il proprio potere disciplinare.
Tutto ciò converge in maniera favorevole al datore di lavoro, il quale ha dichiarato che l’installazione aveva l’esclusiva finalità di accertare la realizzazione di condotte illecite. Comportamenti, questi, che hanno leso la proprietà aziendale e, quindi, provocato senza dubbio un danno patrimoniale all’azienda.
Quanto affermato assume contorni ancora maggiori laddove ci sia il concreto sospetto che si tratti di un’azione concertata tra più dipendenti.
Telecamere nascoste a lavoro: il parere del Garante della Privacy italiano
Sulla vicenda si è infine espresso anche Antonello Soro, ossia il Presidente del Garante per la Privacy, confermando l’esigenza di rispettare il principio di proporzionalità come requisito essenziale di legittimazione dei controlli in ambito lavorativo.
Infatti, dichiara Soro:
l’installazione di telecamere nascoste sul luogo di lavoro è stata infatti ritenuta ammissibile solo perché, nel caso sottoposto, ricorrevano determinati presupposti. La videosorveglianza occulta – ha messo in guardia il Garante – è, dunque, ammessa solo in quanto extrema ratio a fronte di gravi illeciti e non può diventare una prassi ordinaria.