Il patto di prova può essere ripetuto? Secondo i giudici della Corte di Cassazione sì. Con la sentenza n. 22809 del 12 settembre 2019, gli ermellini hanno confermato che il periodo di prova, ossia quel periodo di tempo necessario per comprendere la reciproca convenienza alla stipula del contratto a tempo indeterminato, può essere ripetuto anche una seconda volta. Quindi, se ad esempio il datore di lavoro abbia la necessità di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del dipendente relativamente all’adempimento della prestazione, può legittimamente farlo.
Quindi, a nulla rileva la circostanza secondo la quale il lavoratore abbia avuto con lo stesso datore di lavoro, e per le medesime mansioni, diversi contratti a tempo determinato. Infatti, in tali casi la prova può comunque essere rinnovata in caso di trasformazione del contratto da un rapporto a termine in uno a tempo indeterminato.
Ripetizione del patto di prova: la vicenda
La vicenda riguarda un lavoratore licenziato durante il periodo di prova per aver avuto un comportamento imprudente durante lo svolgimento dell’attività lavorativa. Lo stesso, alla guida dell’autobus, con passeggeri a bordo, impegnato un passaggio a livello rimanendo tra le due barriere nel frattempo abbassatesi, per evitare lo scontro col treno, ha eseguito la retromarcia urtando il portellone dell’autobus contro una delle barriere e danneggiando quest’ultima.
Di conseguenza, il lavoratore era stato esonerato dal servizio per mancato superamento della prova. Sebbene il lavoratore avesse già lavorato per lo stesso datore e con identiche mansioni, la Corte d’Appello ha ritenuto comunque legittimo il patto di prova.
I giudici di merito hanno valutato la condotta posta in essere riconducibile alle ipotesi che prevedono la retrocessione o sospensione. Quindi, essendo il lavoratore in prova, i giudici hanno ritenuto il licenziamento legittimo. In quanto in tale periodo possono essere espulsi in qualunque momento senza compenso alcuno.
Il lavoratore impugnava la sentenza e ricorreva in Cassazione.
Patto di prova: la difesa
Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse ritenuto il patto di prova legittimo, nonostante avesse svolto già in passato, e per un periodo pari a 7 mesi e 27 mesi, le stesse mansioni e lo stesso livello di inquadramento, in esecuzione di plurimi contratti a termine.
Il ricorrente ha richiamato, poi, le pronunce della Cassazione e della Corte di Giustizia Europea sull’obbligo per i datori di lavoro di considerare i periodi di servizio, prestati con rapporto a tempo determinato con lo stesso datore di lavoro e con le stesse mansioni o profilo di inquadramento, come unico periodo di lavoro per quanto riguarda le condizioni di impiego, l’anzianità di servizio ecc.
Nuovo patto di prova: la sentenza
I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto il ricorso fondato. Secondo gli ermellini, l’art. 9 dell’All. A al Regio Decreto n. 148 del 1931, nel prevedere che le assunzioni del personale di ruolo siano disposte “di regola” per il servizio di prova, non esclude che, ove la verifica dell’interesse di entrambe le parti a sperimentare la convenienza del rapporto sia già intervenuta con esito positivo per le stesse mansioni e per un congruo lasso di tempo, la ripetizione del patto di prova in successivi contratti di lavoro tra le medesime parti sia ammissibile.
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Tuttavia, ai fini della ripetizione del patto di prova è necessario che, in base all’apprezzamento del giudice di merito, vi sia la necessità per il datore di lavoro di verificare:
- le qualità professionali;
- il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute.