Per i datori di lavoro che si rifiutano a esibire i documenti relativi ai propri dipendenti in sede di accesso ispettivo, si configura la contravvenzionale dell’illecito punito con pena alternativa; quindi la mancata consegna dei documenti agli ispettori del lavoro non rientra fra i reati depenalizzati.
In tali casi, infatti, non si applica la depenalizzazione di cui al D.Lgs. n. 8/2016. A stabilirlo è la Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 38836 del 23 agosto 2018.
Mancata esibizione documenti ispettori del lavoro: la vicenda
La vicenda ha riguardato la rappresentante legale di una società a cui l’Ispettorato Territoriale del Lavoro aveva disposto la consegna ed esibizione della documentazione relativa al rapporto di lavoro di n. 10 dipendenti. La richiesta di documentazione era avvenuta in maniera assolutamente legale dall’Ispettorato del Lavoro di Bari con verbale di primo accesso ispettivo del 6 dicembre 2013.
Il reato è previsto dall’art. 4, co. 7 della Legge n. 628 del 1961, come modificato successivamente dal D. Lgs. n. 758 del 1994. La menzionato norma prevede espressamente quanto segue:
- coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato del lavoro di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete, sono puniti con l’arresto fino a due mesi o l’ammenda fino a 516 euro.
Ebbene, il Tribunale di Bari ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti della rappresentante legale in ordine al reato ascrittole per intervenuta prescrizione.
Il ricorrente impugna la decisione del giudice di primo grado.
Quest’ultimo ravvisava l’erronea applicazione dell’art. 157 del codice penale. In pratica, siccome il reato è stato commesso in data 6 dicembre 2013 e che, trattandosi di contravvenzione punita con pena alternativa, l’illecito non è soggetto alla depenalizzazione del D. Lgs. n. 8 del 2015, il termine di prescrizione ordinario previsto dal menzionato articolo sarebbe decorso interamente il 6 dicembre 2017.
Ne consegue che, alla data della sentenza impugnata (13 gennaio 2017), il termine non era decorso, né il reato era prossimo alla prescrizione; anzi, qualora fosse stato emesso un atto interruttivo, detto termine sarebbe stato prorogato ulteriormente di un anno.
Documenti non forniti all’Ispettorato: la sentenza
La Corte d’Appello di Bari ha ritenuto il ricorso fondato. Infatti, il reato è stato commesso in data 6 dicembre 2013 e, trattandosi di contravvenzione, il termine di prescrizione ordinario previsto dall’art. 157 del codice penale sarebbe decorso interamente il 6 dicembre 2017.
Ne consegue che, alla data della sentenza impugnata (13 gennaio 2017), il termine ordinario di prescrizione non era maturato.
Nel caso di specie, il reato contestato è tipizzato nella previsione legale come illecito contravvenzionale punito con pena alternativa; con la conseguenza che la contravvenzione non è soggetta alla depenalizzazione di cui al D.Lgs. n. 8 del 2015.
Al riguardo, gli Ermellini specificano che alla data della pronuncia, il reato, pur non essendo prescritto, era prossimo alla prescrizione, maturando la causa estintiva in data 6 dicembre 2017; quindi, in tema di atti interruttivi della prescrizione l’elencazione contenuta nell’articolo 160 del codice penale ha carattere tassativo e l’interruzione della prescrizione stessa è riferibile soltanto al compimento di quegli atti che risultano nominativamente indicati dalla predetta disposizione.
Dunque, la richiesta di emissione del decreto penale non ha effetto interruttivo del decorso della prescrizione, non essendo tale atto compreso fra quelli indicati tassativamente dall’art. 160 cod. pen., che, d’altra parte, non può essere applicato analogicamente essendo ciò vietato in materia penale. Né si può ricorrere all’interpretazione estensiva mancando il benché minimo aggancio alla lettera della norma.