La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 19 dicembre 2024 nella causa C-531/23, ha stabilito che è contraria al diritto comunitario una normativa nazionale che non impone ai datori di lavoro l’obbligo di istituire un sistema per misurare l’orario di lavoro dei collaboratori domestici. Questo principio rappresenta un importante passo avanti per la tutela dei diritti di colf, badanti e baby sitter, garantendo maggiore trasparenza e protezione per i lavoratori del settore domestico.
La decisione trae origine da un caso spagnolo, ma i suoi effetti si estendono a tutti gli Stati membri, compresa l’Italia, dove attualmente non esiste un obbligo specifico di registrazione dell’orario per i lavoratori domestici. Questa pronuncia potrebbe portare a significative modifiche nei rapporti di lavoro domestico, con i datori di lavoro che saranno chiamati ad adottare sistemi di controllo per registrare con precisione la durata delle prestazioni lavorative.
Orario di lavoro per i lavoratori domestici: come funziona
In Italia l’orario di lavoro per colf, badanti e baby sitter è regolato dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico (CCNL). Questo stabilisce che i lavoratori domestici a tempo pieno non possono superare le 40 ore settimanali se conviventi, e le 54 ore per chi vive con il datore di lavoro. Per i lavoratori non conviventi, l’orario massimo settimanale è di 40 ore, distribuite su un massimo di cinque o sei giorni.
Le ore straordinarie, ossia quelle eccedenti l’orario ordinario, devono essere pagate con una maggiorazione. Tuttavia, la registrazione di tali ore avviene spesso in modo informale, lasciando i lavoratori privi di uno strumento certo per dimostrare la quantità di lavoro svolto. Questa situazione espone il collaboratore domestico a un rischio maggiore di contenziosi, soprattutto in caso di licenziamento o mancato pagamento di ore straordinarie.
La sentenza della Corte UE, cosa cambia per i lavoratori domestici
La Corte di Giustizia UE ha sancito che l’assenza di un sistema di misurazione dell’orario di lavoro per i collaboratori domestici costituisce una violazione della Direttiva 2003/88/CE sull’organizzazione dell’orario di lavoro. Secondo i giudici, senza un registro formale delle ore lavorate, i dipendenti non possono far valere i propri diritti, né provare la quantità di lavoro effettivamente svolta.
Nel caso specifico, una collaboratrice domestica spagnola, dopo essere stata licenziata, aveva avviato un’azione legale per contestare il recesso e richiedere differenze retributive. Tuttavia, non essendoci prove certe delle ore di lavoro svolte, il tribunale spagnolo aveva accolto solo in parte il ricorso. La Corte d’Appello spagnola ha quindi chiesto l’intervento della Corte UE per chiarire se la normativa spagnola, che esentava i datori di lavoro domestico dalla registrazione dell’orario, fosse conforme al diritto comunitario.
Gli effetti della sentenza in Italia e negli altri Stati membri
La pronuncia ha effetti diretti anche in Italia, dove la legge non prevede alcun obbligo per i datori di lavoro domestico di tenere un registro delle ore lavorate. Di conseguenza, la sentenza potrebbe portare a una revisione normativa che imponga ai datori di lavoro domestico di dotarsi di sistemi di rilevazione dell’orario, simili a quelli già previsti in altri settori.
Ad esempio, i datori di lavoro potrebbero essere chiamati a introdurre sistemi digitali o manuali di timbratura, per garantire che le ore di lavoro siano correttamente registrate. Questo non solo tutelerebbe i lavoratori, ma ridurrebbe anche i contenziosi, offrendo una documentazione chiara in caso di vertenze legali.
Esempi pratici e possibili sviluppi
Immaginiamo una badante che lavora per una famiglia senza un sistema di registrazione dell’orario. In caso di licenziamento, se la lavoratrice volesse richiedere il pagamento delle ore straordinarie, l’assenza di prove oggettive renderebbe difficile ottenere il riconoscimento di tali somme. Con l’introduzione di un sistema di rilevazione, la lavoratrice potrebbe facilmente dimostrare l’orario effettivamente svolto e far valere i propri diritti.
Allo stesso modo, i datori di lavoro avrebbero la possibilità di dimostrare che l’orario pattuito è stato rispettato, proteggendosi da eventuali richieste infondate. Questo equilibrio contribuirebbe a rendere il rapporto di lavoro più trasparente e sereno per entrambe le parti.
Conclusioni
La sentenza della Corte di Giustizia UE rappresenta un’importante svolta per il settore del lavoro domestico. I lavoratori avranno maggiori garanzie e strumenti per far valere i propri diritti, mentre i datori di lavoro saranno incentivati ad adottare pratiche più trasparenti.
Sebbene in Italia non sia ancora stata introdotta una normativa specifica in merito, questa decisione potrebbe accelerare l’adozione di nuove misure, con effetti positivi sull’intero settore.