Il Tribunale di Bologna, in una delle prime sentenze sul nuovo articolo 18, dopo la riforma Fornero, da ragione al lavoratore e lo reintegra nel posto di lavoro, considerando il licenziamento disciplinare intimatogli dal datore, illegittimo.
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Il caso ha riguardato un lavoratore licenziato a seguito di battibecco avvenuto tramite mail, con il proprio superiore gerarchico. Il dirigente, con una mail, chiedeva al lavoratore di ricontrollare alcuni disegni facenti parte di un progetto, che erano stati modificati. Il lavoratore rispondeva così:“Confido per martedì 24 luglio 2012 di avere i rilievi con le tempistiche di modifica dei programmi”.
Una risposta che evidentemente non è piaciuta al dirigente che replicava: “Non devi confidare. Devi avere pianificato l’attività, quindi se hai dato come data il 24/7, deve essere quella la data di consegna. Altrimenti indichi una data diversa, che non è confidente ma certa, per favore”.
Il lavoratore ha quindi risposto per le rime “Parlare di pianificazione nel Gruppo …, è come parlare di psicologia con un maiale, nessuno ha il minimo sentore di cosa voglia dire pianificare una minima attività in questa azienda. Pertanto se Dio vorrà per martedì 24/ avrai tutto”. Questa replica lo ha portato ad essere licenziato.
Secondo il giudice del lavoro di Bologna, “da una serena e complessiva valutazione del fatto” emerge “con evidenza la modestia dell’episodio in questione, la sua scarsa rilevanza offensiva, ed il suo modestissimo peso disciplinare”. E ciò perchè il lavoratore dal 2007 svolgeva la sua attività come caporeparto in quella azienda, lo stesso non ha mai avuto richiami o precedenti disciplinari.
Inoltre, la frase incriminata “… è come parlare di psicologia con un maiale”, per il Tribunale non “ è stata detta a freddo e in maniera pensata ma, è stata pronunciata in un momento di evidente disagio dovuto allo stress lavorativo che emerge dalla corrispondenza epistolare, da cui si evince che il lavoraotre era sotto pressione per le imminenti scadenze lavorative”.
Inoltre, la mail del lavoratore faceva seguito ad una mail “il cui contenuto è palesemente ed inutilmente denigratorio” oltreché contenutisticamente “offensivo della professionalità del soggetto; con toni che sono palesemente aggressivi, di rimprovero e dispregiativi”.
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