La legge 104, com’è noto, rappresenta tuttora il presidio normativo per antonomasia, in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza dei disabili. Tra le agevolazioni previste spiccano i permessi retribuiti ai lavoratori e alle lavoratrici, il congedo straordinario, le detrazioni fiscali e le agevolazioni in materia di acquisto veicoli e spese sanitarie.
Ebbene, proprio con riferimento ai permessi legge 104, una recentissima ordinanza della Cassazione merita di essere conosciuta e compresa. Si tratta della n. 12679 del 9 maggio, provvedimento che ha statuito l’illegittimità del licenziamento inflitto al lavoratore, che si serve delle disposizioni della legge 104 per recarsi al mare con la moglie asmatica.
Vediamo più da vicino il caso concreto e la decisione della Corte a seguito di questa ordinanza di evidente rilievo, per una pluralità di casi simili.
Permessi legge 104 per recarsi al mare con la moglie: ecco cosa è successo
L’ordinanza riguarda il diritto ai permessi legge 104, previsti nella misura di tre giorni mensili, anche frazionabili ad ore e proporzionati alle ore di servizio in ipotesi di lavoro a tempo parziale; questi sono retribuiti (sulla base della retribuzione effettivamente corrisposta) e coperti da contribuzione figurativa. Tali permessi sono destinati ai lavoratori dipendenti affetti da disabilità grave o che hanno familiari disabili in situazione grave.
Ebbene, nell’iter giudiziario che ha portato all’emissione dell’ordinanza di cui sopra, era emerso il problema di salute di una donna, disabile e affetta da una grave forma di asma, che ha determinato il marito lavoratore a chiedere il permesso legge 104.
L’utilizzo dell’agevolazione era mirato al fine di portare la donna in un luogo vicino al mare e farle respirare l’aria marina – particolarmente salubre per chi ha questa patologia cronica dei bronchi.
Nei fatti di causa era altresì emerso che, nell’ambito del tempo utilizzato per usufruire dei permessi legge 104, il lavoratore si era allontanato dalla città per recarsi dal veterinario a far visitare il proprio cane. Ciò, insieme alla gita al mare per ragioni di salute, sono stati considerati elementi idonei a giustificare il licenziamento per giusta causa, in quanto il titolare legge 104 avrebbe abusato dei permessi retribuiti. O almeno questa era la tesi del datore di lavoro, a cui il dipendente si è opposto servendosi delle vie legali.
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La decisione della Cassazione: no al licenziamento per giusta causa
La Corte ha accolto il ricorso dell’uomo e ha dichiarato illegittimo il licenziamento del lavoratore che abbia la 104 per la moglie e accompagni quest’ultima (affetta da una grave forme di asma) presso una località marina, allo scopo di farle respirare aria salubre e curare così la patologia.
Nessun recesso in tronco – e dunque immediato, senza preavviso e senza indennità – è opponibile ad un dipendente che porta la moglie in un luogo benefico per la salute di quest’ultima. Secondo la tesi della Corte, infatti, al fine di configurare una giusta causa di licenziamento occorre che l’utilizzo dei permessi si abbia in modo del tutto disgiunto dalle finalità assistenziali previste dalla legge.
In tale circostanza il viaggio e la breve permanenza nella località costiera erano, di fatto, strumentali alla tutela del diritto alla salute della donna. D’altronde la legge 104 non contiene norme o divieti che indicano in quali luoghi è possibile svolgere le attività assistenziali, e in quali invece non è possibile. Ne deriva che anche un soggiorno al mare, o in montagna, si deve ritenere del tutto congruo rispetto alle necessità di cura.
Non solo. Già in passato altri provvedimenti giudiziari hanno affermato che l’accompagnamento in luoghi specifici, per ricevere trattamenti terapeutici benefici, deve farsi rientrare legittimamente nell’uso dei permessi 104, a patto che vi sia una giustificazione medica a sostegno.
La visita veterinaria in questo caso non configura abuso dei permessi legge 104
Un uso legittimo, dunque, e in cui la visita dal veterinario rappresentava un mero elemento ‘incidentale’ e non legittimante, dunque, il recesso. Ciò a patto, spiega la Corte, che la visita abbia una durata congrua, essendo svolta dal coniuge il quale, quindi, va a sostituire la moglie disabile e asmatica – evitandole di accompagnare l’animale al posto suo.
In altre parole, nell’ordinanza della Cassazione n. 12679 la sosta dal veterinario è stata ritenuta compatibile con l’istituto dei permessi legge 104, poiché non ha impedito all’uomo di garantire l’assistenza alla moglie.
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Abuso permessi 104: il principio indicato dalla Corte di Cassazione
Il principio ribadito dall’0rdinanza citata è molto chiaro: chi beneficia dei tre giorni mensili di permesso retribuito – assicurati dalla legge 104 – deve farlo nel primario obiettivo di dare assistenza ad un familiare disabile e, conseguentemente, deve utilizzare il tempo in cui non si trova regolarmente al lavoro, per effettuare le attività di cura e supporto necessarie al disabile stesso.
In altri termini, il permesso non è utilizzabile per fare altre attività, dedicarsi ad hobby o passatempi, vedersi con gli amici o, semplicemente, riposarsi. Altrimenti ricorre un caso di abuso, con il rischio concreto di incappare in un procedimento disciplinare e in una sanzione che potrebbe anche condurre all’allontanamento dall’azienda.
Con l’ordinanza n. 12679 del 9 maggio scorso, la Cassazione ha stabilito che non è possibile licenziare chi, usufruendo della legge 104, va alcuni giorni al mare per guarire una forma grave di asma della moglie. Il problema in oggetto – lo ricordiamo – è una patologia cronica invalidante. Pertanto, il datore di lavoro che recede unilateralmente per questo specifico motivo, vedrà respinto il licenziamento in tribunale, perché da considerarsi illegittimo.
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