La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1227 del 17 gennaio 2025, ha fornito un’importante interpretazione sull’uso legittimo dei permessi retribuiti previsti dall’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992. In particolare, la Corte ha chiarito che la valutazione del diritto ai permessi deve considerare non solo il tempo dedicato (aspetto quantitativo), ma anche il tipo e la finalità dell’assistenza prestata (aspetto qualitativo).
Tra le attività legittime rientrano non solo quelle di assistenza diretta al familiare disabile, ma anche quelle accessorie, come l’acquisto di medicinali, generi di prima necessità e il supporto alla partecipazione sociale del disabile. Tali attività sono ritenute parte integrante del processo assistenziale.
Il caso esaminato
Il giudizio della Cassazione prende le mosse dal caso di un lavoratore licenziato per giusta causa, accusato di utilizzo improprio dei permessi 104 per l’assistenza al suocero disabile. Dopo una pronuncia favorevole al dipendente da parte del Tribunale, la Corte d’appello ha ribaltato la decisione, ritenendo che il tempo dedicato dal lavoratore all’assistenza fosse insufficiente rispetto a quello dovuto.
La Corte d’appello ha quantificato il tempo complessivamente dedicato al familiare disabile in una percentuale compresa tra il 42,5% e il 45%, considerando anche le attività accessorie. Ritenendo tale percentuale inferiore alla metà del tempo necessario, ha concluso che vi fosse abuso del diritto ai permessi.
L’interpretazione della Cassazione
Di fronte al ricorso del lavoratore, la Cassazione ha posto l’accento su alcuni principi fondamentali. Ha affermato che la nozione di diritto ai permessi deve comprendere tanto le attività di assistenza diretta quanto quelle complementari e accessorie che contribuiscono a rendere l’assistenza utile per il disabile. Inoltre, la Corte ha sottolineato che il legittimo esercizio del diritto non può essere valutato esclusivamente in base a parametri quantitativi.
Secondo i giudici, l’abuso del diritto si configura solo in presenza di due elementi:
- Elemento soggettivo: un intento doloso o intenzionale, volto a pregiudicare gli interessi altrui;
- Elemento oggettivo: utilizzo del permesso per finalità estranee a quelle previste dalla legge.
La Corte ha anche evidenziato che, qualora il tempo dedicato all’assistenza si avvicini almeno alla metà di quello totale, tenendo conto anche dei tempi di percorrenza necessari, il diritto è esercitato legittimamente. Una condotta contraria ai principi di buona fede e correttezza non può essere presunta sulla base di meri calcoli matematici.
Un aspetto rilevante dell’ordinanza è la necessità di una valutazione complessiva della condotta del lavoratore. Non basta considerare i meri dati quantitativi; occorre invece verificare se l’attività svolta dal dipendente abbia preservato le finalità principali dell’assistenza al disabile. Questo implica un bilanciamento tra quantità e qualità dell’intervento assistenziale, tenendo conto del contesto specifico.
Limiti dell’abuso dei permessi 104
La Cassazione ha precisato che si può parlare di abuso del diritto solo nei casi in cui:
- L’assistenza al disabile sia completamente mancata;
- Il tempo dedicato sia talmente irrisorio da vanificare gli scopi assistenziali previsti dalla legge;
- Le modalità di intervento siano state insignificanti, tali da non garantire la salvaguardia degli interessi del disabile.
In altre parole, il diritto del datore di lavoro ad avere la prestazione lavorativa del dipendente cede il passo solo quando l’assistenza è effettivamente volta a tutelare il benessere del disabile.
La decisione finale
Alla luce di queste considerazioni, la Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, sottolineando l’importanza di una valutazione equilibrata e globale dei fatti. La pronuncia ribadisce che la tutela del disabile deve essere il punto cardine nell’interpretazione e nell’applicazione dei permessi previsti dalla legge 104/1992.
Questa decisione rappresenta un riferimento importante per lavoratori, datori di lavoro e operatori del diritto, fornendo linee guida chiare sulla legittima fruizione dei permessi e sui confini dell’abuso.