Nel rapporto di lavoro pubblico, come in quello privato, può capitare che il dipendente riceva un ordine di servizio illegittimo in quanto contrario alle norme di legge o di contratto. Si pensi ad esempio all’assegnazione di compiti dequalificanti rispetto al livello contrattuale posseduto, al trasferimento immotivato da una sede lavorativa ad un’altra, all’imposizione di un orario diverso da quello previsto dal contratto, etc.
In tutti questi casi, può il dipendente rifiutarsi di adempiere all’ordine ricevuto o deve necessariamente eseguire le disposizioni ricevute dal proprio superiore o, direttamente, dal datore di lavoro?
Ordine di servizio manifestamente illegittimo, cosa fare nel privato?
Nell’ambito dei rapporti di lavoro privati, la Corte di Cassazione già da tempo ha affermato che il lavoratore dipendente non può rifiutarsi di eseguire la prestazione lavorativa richiesta, neanche in ipotesi di richiesta illegittima.
Essendo tenuto ad osservare le disposizioni impartite dall’imprenditore (artt. 2086 e 2104 C.C.), il lavoratore è infatti obbligato ad obbedire anche in presenza di un ordine di servizio manifestamente illegittimo, potendo egli esclusivamente richiedere giudizialmente, eventualmente in via d’urgenza, l’accertamento della illegittimità del provvedimento datoriale.
Soltanto nell’ipotesi di inadempimento totale del datore di lavoro (quando, ad esempio, il datore di lavoro ometta di corrispondere anche la retribuzione mensile), o in caso di ordini aventi ad oggetto prestazioni costituenti reato, il lavoratore ha facoltà di astenersi – legittimamente – dal rendere la propria prestazione.
Ordine di servizio illegittimo: cosa deve fare il dipendente pubblico?
E nel pubblico impiego che succede se si riceve un ordine di servizio illegittimo? Con la recente sentenza n. 9736 dello scorso 19 aprile 2018, la Suprema Corte ha affermato che anche nel pubblico impiego valgono le medesime regole del settore privato, non essendo consentito, quindi, al pubblico dipendente di astenersi dall’adempiere un ordine di servizio, benché illegittimo.
In caso contrario, le conseguenze a carico del pubblico dipendente potrebbero essere pesantissime e comportare, in determinati casi, anche la perdita del posto di lavoro.
Ciò è quanto accaduto ad un Comandante di Polizia Municipale che, avendo rifiutato di adempiere a specifici ordini di servizio intimati dal Sindaco e dal Segretario Comunale, a fronte della loro manifesta illegittimità, è stato licenziato in tronco dal Comune di appartenenza sul presupposto che tale omissione aveva creato un grave disservizio creando turbamento alla regolarità e continuità del pubblico servizio.
Il licenziamento è stato infatti dichiarato dalla Corte di Cassazione validamente intimato sul presupposto che il pubblico dipendente che non condivida direttive o istruzioni impartite dal superiore ovvero dal datore di lavoro ovvero le ritenga dequalificanti non abbia il potere o il diritto di disattenderle ma ha solo la possibilità do azionare i rimedi giurisdizionali predisposti dall’ordinamento per l’accertamento della illegittimità di tali direttive o istruzioni ai fini del loro annullamento.
In conclusione, a prescindere dalla legittimità o illegittimità dell’ordine, il dipendente, pubblico o privato che sia, deve sempre obbedire ed osservare le disposizioni del proprio datore di lavoro.