Una recente ordinanza della Corte di Cassazione – la n. 11543 del 30 aprile scorso – ha ricordato una specifica causa di decadenza dalla prestazione di sostegno al reddito, legata all’omessa comunicazione all’istituto di previdenza dell’effettuazione di un’attività lavorativa autonoma, contemporanea alla percezione della NASpI.
Il provvedimento è scaturito dall’iniziativa di un lavoratore che ha fatto ricorso in tribunale, al fine di conseguire il riconoscimento della prestazione, negatagli dall’INPS in sede amministrativa per non aver reso noto, nei 30 giorni dalla data della domanda, lo svolgimento di un’attività di lavoro autonomo ed il reddito da essa presuntivamente percepito. In appello il lavoratore trovò accoglimento della sua domanda, ma l’iter è proseguito fino alla Cassazione.
Vediamo allora più da vicino questo provvedimento destinato a costituire un nuovo precedente giurisprudenziale di rilievo, in materia di decadenza dalla NASpI.
NASpI e lavoro autonomo: quando c’è la decadenza
Per capire la portata dell’ordinanza della Cassazione, dobbiamo ricordare il contesto normativo di riferimento. La norma è il decreto legislativo numero 22 del 2015 (in attuazione del Jobs Act), recante disposizioni per il riordino della normativa in campo di ammortizzatori sociali, disoccupazione involontaria e ricollocazione dei lavoratori disoccupati.
In particolare l’art. 11 comma 1, lettera c), prevede i casi di decadenza dalla NASpI. Il lavoratore decade dalla prestazione (anche) in caso di:
inizio di un’attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale, senza provvedere alla comunicazione di cui all’articolo 10, comma 1, primo periodo.
Nell’art. 10 del decreto si precisa che:
Il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI, intraprenda un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale, dalla quale ricava un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, deve informare l’Inps entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne.
Cosa dice la Cassazione?
Nell’ordinanza sopra citata, la Cassazione ha rimarcato che il caso specifico di decadenza dall’indennità di disoccupazione è integrato dal lavoratore, o dalla lavoratrice, che non informa l’Inps della contemporaneità tra godimento della prestazione e esercizio di un’attività lavorativa autonoma, fonte di reddito.
In particolare la Suprema Corte precisa che non è necessario, ai fini della decadenza per omissione, che l’inizio dell’attività sia successivo rispetto all’inizio del periodo coperto dalla NASpI. L’attività può essere iniziata anche anteriormente alla domanda della prestazione.
No alla NASpI anche in caso di esercizio di attività autonoma anteriore alla domanda
Come emerge dal testo dell’ordinanza, la Corte di Cassazione non interpreta ‘estensivamente’ l’art. 11 comma 1 lettera c) del d. lgs. n. 22 del 2015, ma piuttosto rimarca che l’ipotesi in oggetto è da considerarsi implicitamente rientrante in quanto previsto dal decreto, in tema di decadenza dalla NASpI.
Ecco perché non vi sono dubbi a includere – nella decadenza – altresì il caso dell’assicurato, o dell’assicurata, che nel termine di 30 giorni dalla data di presentazione della domanda online di indennità di disoccupazione, non comunica ad Inps la contemporanea – e anteriore – effettuazione di un’attività di lavoro autonomo. Come appena accennato, si tratta dunque di lavoro già sussistente e antecedente alla data di domanda NASpI.
Dal punto di vista tecnico-giuridico, spiega la Corte di Cassazione, non si tratta di una cd. estensione per analogia. I giudici di legittimità non hanno perciò utilizzato il procedimento con cui sono di fatto regolati i casi non espressamente previsti dalla legge, tramite l’applicazione agli stessi della disciplina prevista per i casi simili, bensì – come sopra accennato – l’ipotesi dell’attività autonoma preesistente deve farsi implicitamente rientrare nella previsione di cui al d. lgs. n. 22 del 2015.
La Cassazione ribadisce il precedente orientamento in tema di indennità di disoccupazione
Peraltro tale indirizzo della Corte rispecchia quello già emerso nella precedente ordinanza n. 846 del 2024 di cui abbiamo parlato in questo articolo. Già in questo provvedimento i giudici spiegarono infatti che la mancata comunicazione – da parte del beneficiario – dell’effettuazione di un’attività autonoma, anche se non nuova, è causa di decadenza della prestazione di disoccupazione.
Peraltro quest’ordinanza ebbe origine da un ricorso dell’istituto di previdenza, che aveva ritenuto decaduto dal sostegno economico un lavoratore che, durante la sua fruizione, svolgeva contemporaneamente un’attività autonoma senza rendere noto il reddito stimato dall’attività.
Conclusioni
Concludendo, con la più recente ordinanza n. 11543 del 30 aprile scorso, la Cassazione ha sottolineato che si decade dalla NASpI ogniqualvolta non si informi l’Inps della circostanza della contemporaneità tra il godimento del trattamento di disoccupazione e l’effettuazione di un’attività lavorativa autonoma, da cui possa scaturire un reddito.
La Corte ha così ribaltato la pronuncia dell’appello, accogliendo il ricorso Inps e dichiarando non dovuta l’indennità di disoccupazione.
Cos’è il modello NASpI-Com
Il modello NASpI-Com serve a comunicare all’INPS tutte le informazioni relative ai redditi percepiti ovvero a nuovi rapporti di lavoro, nei casi in cui ciò sia obbligatorio per legge al fine di mantenere il diritto al sussidio di disoccupazione.
Nel caso oggetto della presente sentenza il modello Naspi-Com serve per comunicare all’Istituto, nel periodo durante il quale il lavoratore percepisce una indennità legata al proprio stato di disoccupazione, il verificarsi di una delle seguenti situazioni:
- Inizio attività autonoma con l’indicazione del reddito annuo presunto (entro 30 giorni);
- indicazione del reddito annuo presunto derivante da lavoro autonomo il cui inizio attività è precedente alla NASpI.