La Naspi è una prestazione di sostegno per chi ha perso il lavoro erogata mensilmente, ma non sempre. Vi sono infatti circostanze o situazioni in cui è possibile avvalersi della liquidazione anticipata dell’ammontare totale della Naspi, in una sola soluzione.
Come spiega Inps nel proprio sito web, la Naspi anticipata può essere concessa, tra gli altri, a coloro che vogliono avviare un’attività lavorativa autonoma o un’impresa individuale e, proprio in riferimento a tale agevolazione, rileva una recente sentenza della Corte Costituzionale, la n. 90 del 20 maggio.
Il provvedimento, se da un lato ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4, del d. lgs n. 22 del 2015, dall’altro ha stabilito l’obbligo di restituzione solo parziale, e non integrale, dell’indennità di disoccupazione liquidata in un’unica soluzione. Vediamo più da vicino i contenuti di questa sentenza in tema di Naspi e scopriamo in che modo la Corte è giunta alla decisione.
Naspi anticipata, restituzione parziale in questo caso
Il procedimento che ha portato alla sentenza di qualche giorno fa ha ad oggetto un caso concreto nel quale l’istituto di previdenza aveva versato la Naspi – in maniera anticipata – ad un dipendente che aveva perso l’occupazione e aveva, in seguito, avviato un’attività imprenditoriale nel settore della ristorazione (un bar). Come accennato in apertura l’anticipazione dell’importo è prevista dalla legge quale incentivo all’auto-imprenditorialità ed alla creazione di un nuovo reddito da lavoro.
La questione rimessa alla Corte Costituzionale, da parte del Tribunale di Torino, riguardava in particolare un lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo, con conseguente stato di disoccupazione involontaria e diritto alla Naspi. Nei fatti di causa era emerso che, per le restrizioni imposte per la pandemia, l’uomo aveva dovuto interrompere l’attività di ristorazione, trovando però successivamente un nuovo lavoro subordinato a tempo indeterminato.
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In ragione di ciò, l’istituto di previdenza gli aveva richiesto la restituzione integrale dell’anticipazione della Naspi: infatti, secondo l’articolo 8, co. 4 del d. lgs n. 22/2015, il nuovo rapporto di lavoro dipendente era stato attivato prima che spirasse il termine della durata originaria della Naspi.
Conseguentemente il lavoratore scelse di impugnare giudizialmente il provvedimento Inps di restituzione integrale dell’indennità di disoccupazione, per la chiusura del ristorante prima dei due anni coperti dall’ammortizzatore sociale erogato in via anticipata.
Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità
Con ordinanza ad hoc, il giudice incaricato di decidere sulla controversia ha ritenuto opportuno richiedere l’intervento della Corte Costituzionale ed, infatti, nel testo della sentenza n. 90 si può leggere quanto segue:
il Tribunale ordinario di Torino, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4, primo comma, 36 e 41 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 […] nella parte in cui prevede, senza possibilità di valutare il caso concreto, l’obbligo di restituire l’intera anticipazione della Nuova assicurazione sociale per l’impiego […] se il beneficiario stipuli un contratto di lavoro subordinato entro il termine di scadenza del periodo per cui l’indennità è riconosciuta.
In particolare, secondo il rimettente vi sarebbe contrasto con l’art. 3 Cost., in riferimento al principio di ragionevolezza e al principio di proporzionalità, poiché l’integrale restituzione non troverebbe alcuna giustificazione rivelandosi eccessivamente gravosa, laddove l’interruzione dell’attività imprenditoriale avviata sia dovuta ad impossibilità sopravvenuta.
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Non solo. Come rimarcato nella sentenza, il rimettente afferma altresì che la disposizione censurata, nel disporre l’integrale restituzione della somma anticipata sarebbe comunque irragionevole. Infatti l’importo anticipato è stato interamente utilizzato al fine di acquistare l’attività economica, con la conseguenza che la restituzione integrale apparirebbe troppo gravosa:
anche alla luce delle perdite già subite dal ricorrente, il quale ha venduto l’attività per un prezzo molto inferiore a quello di acquisto. Inoltre, la sproporzione emergerebbe anche dalla considerazione della brevità del periodo del rapporto di lavoro subordinato, ricadente in quello della Naspi (soli tre mesi dalla sua scadenza).
Le violazioni degli articoli della Costituzione sulla tutela del diritto al lavoro
Sarebbero violati altresì gli artt. 4, 36 e 41 Cost., in quanto la previsione del rimborso integrale dell’ammontare della Naspi contrasterebbe con il precetto costituzionale che riconosce il diritto al
lavoro, nella duplice declinazione di lavoro dipendente e di lavoro autonomo.
Queste infatti le parole usate dalla Corte nella sentenza citata:
Sussisterebbe anche la violazione dell’art. 4, primo comma, Cost., che tutela il diritto al lavoro nelle sue declinazioni di lavoro dipendente (art. 36 Cost.) e di lavoro autonomo (art. 41 Cost.).
Ebbene, al riguardo il tribunale di Torino indica che la disposizione censurata impedirebbe – per i percettori dell’indennità anticipata – la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato per tutto il periodo in cui viene corrisposta la Naspi, a pena della restituzione integrale dell’importo ottenuto. Si paleserebbe dunque una inammissibile deroga all’art. 4, primo comma, della Costituzione che riconosce il diritto al lavoro in linea generale.
Più nel dettaglio, vi sarebbe contrasto con l’art. 36 Cost., poiché – per effetto della disposizione oggetto di questione di legittimità costituzionale – il soggetto percettore dell’indennità anticipata si troverebbe innanzi alla scelta di:
rinunciare allo svolgimento di attività retribuita al fine di evitare di restituire l’importo ricevuto, privandosi del reddito necessario per la sua sussistenza.
E sussisterebbe altresì contrasto con l’art. 41 Cost., in rapporto al principio della libera imprenditorialità che va riconosciuta anche ai soggetti che beneficiano della NASpI anticipata.
La decisione della Corte Costituzionale
La Corte ritiene fondate le questioni sollevate, perché, a fronte della mancanza di una concreta valutazione delle ragioni della cessazione dell’attività autonoma, la norma è da ritenersi lesiva del principio di proporzionalità e ragionevolezza.
Secondo i giudici della Corte, se l’attività imprenditoriale è stata di fatto avviata e portata avanti per un lasso di tempo significativo, la finalità antielusiva – cui la disposizione sul rimborso Naspi mira – è da ritenersi soddisfatta.
In particolare, con la sentenza n. 90 del 20 maggio 2024, la Consulta ha stabilito che la restituzione dell’anticipo dell’indennità di disoccupazione non deve essere integrale se l’attività imprenditoriale – finanziata con l’anticipazione come da norma di legge – diviene impossibile per sopravvenute cause di forza maggiore o per insuperabile oggettiva difficoltà, ossia per elementi non imputabili al percettore.
Nel comunicato a commento della sentenza, emesso dall’Ufficio Comunicazione e Stampa della Corte Costituzionale, si può infatti leggere che:
Rileva quindi che il percettore dell’anticipazione si sia trovato nella situazione di non poter proseguire l’attività imprenditoriale per causa a lui non imputabile e quindi senza colpa.
Non solo. La Corte ha stabilito che la restituzione dell’importo erogato dovrà essere meramente proporzionale alla durata del rapporto di lavoro dipendente, instaurato durante il periodo coperto dalla Naspi stessa. Pertanto potrà trattarsi di mero rimborso parziale.
In altre parole, l’obbligo restitutorio va riproporzionato in relazione alla durata del nuovo lavoro dipendente, instaurato nel periodo coperto dall’indennità, in quanto soltanto per quel periodo l’indennità di disoccupazione è priva di motivazione e perciò indebita.
Conclusioni
Ecco perché la Corte ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 8, comma 4, del d. lgs. n. 22 del 2015, nella parte nella quale non circoscrive l’obbligo restitutorio dell’anticipazione della Nuova assicurazione sociale per l’impiego (Naspi) alla misura corrispondente alla durata del periodo del nuovo lavoro dipendente, quando il lavoratore non possa continuare, per causa sopravvenuta a lui non imputabile, l’attività di impresa per cui era scattata l’anticipazione.
Secondo l’interpretazione della Consulta, infatti, la normativa che disponeva la restituzione integrale in ogni caso, violava i principi di proporzionalità e ragionevolezza e di diritto al lavoro. In particolare, la norma dichiarata incostituzionale stabiliva che l’aver sottoscritto un contratto di lavoro subordinato nel periodo coperto dalla Naspi faceva scattare – in ogni caso – l’obbligo di restituzione dell’intera somma anticipata.
Se invece il fallimento dell’attività autonoma è collegabile al rischio di impresa, il beneficiario continua ad essere tenuto al rimborso totale.