La Cassazione, con sentenza nr. 42334 dello scorso 15 ottobre 2013, ha affermato la responsabilità penale del datore di lavoro per la mancata esibizione dei documenti agli ispettori del lavoro a seguito d’ispezione. Il datore di lavoro risponderebbe del reato previsto dall’art. 4 della L. nr. 628/61.
Il caso è giunto in Cassazione a seguito del ricorso dell’imputato, avverso la sentenza di condanna della Corte d’Appello di Napoli che, confermava la condanna in primo grado, quanto alla ritenuta responsabilità penale – sostituendo la pena dell’arresto con quella dell’ammenda e revocando la sospensione condizionale della pena, con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui all’art. 4 della legge n. 628 del 1961, per la mancata esibizione dei documenti agli ispettori del lavoro, nella sua qualità di presidente di una cooperativa, la documentazione relativa al rapporto di lavoro dei dipendenti, benché sollecitata.
L’art. 4, ultimo comma, della legge n. 628 del 1961 punisce «coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete».
Si tratta, secondo giurisprudenza consolidata, delle richieste di notizie concernenti violazioni delle leggi sui rapporti di lavoro, sulle assicurazioni sociali, sulla prevenzione e l’igiene del lavoro, che assumono valore strumentale rispetto alla funzione istituzionale di controllo esercitata dall’Ispettorato del lavoro.
Secondo gli Ermellini, “il reato in questione si configura, non soltanto nel caso di richiesta di semplici notizie, ma anche nell’ipotesi di omessa esibizione della documentazione che consenta all’Ispettorato del lavoro la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di categoria, ivi compresa quella sulle assunzioni, necessaria per verificare l’adempimento dei conseguenti obblighi contributivi (sez. 3, 11 dicembre 2007 n. 2272/2008, RV. 238631; sez. 3, 2 dicembre 2011, n. 6644, Riv. 2523361)”.
Secondo la Cassazione, il ricorso è inammissibile poiche, i principi giurisprudenziali sopra citati, sono stati correttamente applicati dalia Corte d’appello, perché essa ha preso le mosse dai risultati dell’istruttoria da cui si evince che la documentazione richiesta all’imputato era quella necessaria per l’espletamento dei compiti istituzionali dell’Ispettorato definiti dal richiamato art. 4 della legge n. 628 del 1961 e, in particolare, della verifica della sussistenza di irregolarità nelle assunzioni dei dipendenti.