Non è possibile licenziare il lavoratore per giustificato motivo oggettivo (GMO) per scarso rendimento, se questi risulta spesso assente per malattia, ma senza aver mai superato il periodo di comporto. Infatti, l’evento di malattia nulla ha a che vedere con il licenziamento per scarsa produttività del lavoratore, poiché quest’ultimo è caratterizzato da un inadempimento, pur se inconsapevole, del lavoratore stesso. Differente è il concetto di assenze per eventi di malattia. Infatti, la tutela della salute è un valore preminente che ne giustifica la specialità.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31763 del 7 dicembre 2018, che ha giudicato non lecito il licenziamento operato nei confronti di una lavoratrice intimato a seguito di ripetute assenze per causa di malattia.
Licenziamento per scarso rendimento per malattia: la vicenda
Nel caso di specie, una società ha licenziato una lavoratrice con lettera del 22.5.2015, per giustificato motivo oggettivo, per le seguenti motivazioni:
- nel periodo 1.1.2013 – 12.4.2015 ha effettuato n. 157 giorni di assenza, per brevi ma ripetuti periodi di malattia;
- tali assenze erano significativamente superiori rispetto alla media delle assenze del restante personale e risultavano, altresì, nel 74% dei casi adiacenti a periodi di riposo e festività;
- ciò aveva inciso negativamente sull’organizzazione aziendale e sui livelli di produzione della unità organizzativa alla quale la dipendente era assegnata. Le assenza hanno provocato effetti diretti e negativi sull’erogazione del servizio in termini di livelli di qualità, efficienza e regolarità.
La lavoratrice impugna il licenziamento e fa ricorso presso il Tribunale di Roma. In sede di primo grado di giudizio, i giudici hanno dato ragione alla lavoratrice e dunque hanno respinto l’opposizione proposta dalla società.
Tuttavia, la Corte d’Appello di Roma ha riformato la pronuncia del Tribunale dichiarando la legittimità del suddetto licenziamento.
A tal fine, infatti, i giudici hanno sottolineato che:
- l’obiettivo disservizio, che le ripetute e continue assenze del dipendente avevano creato sulla organizzazione aziendale, costituisce pacificamente un giustificato motivo oggettivo di licenziamento;
- la società aveva svolto sufficienti allegazioni nonché provato i disservizi causati dalle reiterate assenze della lavoratrice sull’organizzazione aziendale;
- le reiterate assenze della lavoratrice, comunicate peraltro all’ultimo momento ed “agganciate” ai giorni di riposo, avevano determinato una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente utilizzabile dalla società. Ciò ha inciso negativamente sulla produzione aziendale e dando luogo ai dimostrati disservizi anche tenendo conto delle difficoltà di trovare un sostituto per la conduzione del mezzo;
- nella fattispecie in esame, sussisteva la violazione dell’art. 2110 cc e non poteva ravvisarsi l’ipotesi del licenziamento discriminatorio.
La lavoratrice impugna nuovamente la sentenza e ricorre in Cassazione
Le conclusioni della Cassazione
I giudici della Suprema Corte ribaltano nuovamente la pronuncia di secondo grado e danno ragione alla lavoratrice. Nella sentenza si tiene ben distinta la fattispecie di licenziamento per scarso rendimento e per assenze ripetute a malattia:
- nel primo caso, infatti, lo scarso rendimento è caratterizzato da inadempimento, pur se inconsapevole, del lavoratore;
- al contrario, per le assenze dovute a malattia la tutela della salute è valore preminente che ne giustifica la specialità.
Dunque, soltanto quando viene superato il periodo di comporto è possibile procedere legittimamente al licenziamento. In quest’ultimo caso, infatti, non è necessaria:
- né la prova del giustificato motivo oggettivo;
- né della impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa;
- nonché quella della correlativa impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse.
Si ricorda, infine, che per periodo di comporto si intende il periodo di tempo durante il quale un lavoratore, assente per malattia o infortunio, conserva il proprio diritto al mantenimento del posto di lavoro. La sua durata è fissata dalla contrattazione collettiva nazionale del lavoro.