La Cassazione, con sentenza nr. 22396 dello scorso 1 ottobre, ha dichiarato la legittimità del licenziamento intimato al dipendente che abbia ingiuriato il legale rappresentante della società via mail, anche se, non spetta alla società il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale se, le ingiurie non sono trapelate all’esterno.
Il fatto ha riguardato un lavoratore, collaboratore con contratto a progetto in una s.r.l., licenziato dopo che per e-mail, aveva offeso il legale rappresentante della società datrice di lavoro, dandogli della “mentecatta e pazzoide” e, accusando la ditta di essere “una ditta di m… dalla quale tutti i dipendenti fanno a gara per andarsene..”.
La Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava il lavoratore al pagamento di circa 3mila euro in favore dell’azienda a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale (aventi a d oggetto l’offesa all’immagine) sofferto dall’azienda stessa a causa della valenza diffamatoria delle dichiarazioni contenute nella mail mandata dal lavoratore. Il lavoratore ricorreva in Cassazione.
Gli Ermellini ribadiscono un principio più volte affermato secondo il quale “nei confronti della persona giuridica ed in genere dell’ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della persona giuridica o dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, e fra tali diritti rientra quello relativo all’immagine, allorquando si verifichi la sua lesione.
In tali casi, prosegue la Suprema Corte, “oltre al danno patrimoniale, se verificatosi, e se dimostrato, è risarcibile il danno non patrimoniale costituito – come danno c.d. conseguenza – dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell’ente, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l’ente di norma interagisca”.
Nel caso specifico, concludono i giudici, le affermazioni lesive dell’immagine all’azienda, contenute nella mail mandata dal lavoratore al legale rappresentante, “in quanto non esternate al di fuori dell’ambito aziendale, non sono idonee ad incidere sulla reputazione, sul prestigio e sul buon nome della società né tanto meno a provocarne la caduta dell’immagine”. Pertanto, legittimo il licenziamento ma, nessun risarcimento spetta all’azienda.