Il lavoratore in malattia deve rispettare una serie di obblighi, controbilanciati da alcuni rilevanti diritti, come ad es. quello alla conservazione del posto di lavoro e quello all’assegnazione di un’indennità di malattia a carico di Inps (talvolta integrata dal datore di lavoro secondo quanto previsto dal singolo Ccnl).
D’altra parte, il dipendente malato dovrà tempestivamente avvisare il datore di lavoro, certificare lo stato di malattia e assicurare di essere reperibile per le visite fiscali, i cui orari variano a seconda che si tratti di pubblico impiego o di lavoro nel settore privato. Violare le regole previste in materia di malattia, potrebbe esporre a conseguenze sanzionatorie gravi come la perdita dell’indennità o anche il licenziamento disciplinare.
Ebbene, posto che la tutela della malattia si fonda su ben precise regole, merita di essere menzionata la recente ordinanza della Corte di Cassazione – la n. 12152 del 6 maggio scorso – con la quale è stato disposto il reintegro in azienda del dipendente licenziato, perché scoperto a fare un altro lavoro durante il periodo di malattia – e quindi di assenza dall’ufficio.
Si tratta di una pronuncia che potrebbe sembrare in contraddizione con le regole in materia di indennità di malattia Inps e obblighi del lavoratore malato, ma non è così. Scopriamo insieme perché.
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Il lavoratore in malattia può svolgere una diversa attività?
Nel testo del provvedimento, emesso a seguito del ricorso in Cassazione da parte di un’azienda, il giudice di legittimità ha rimarcato che a rilevare non è tanto l’esercizio di un’attività di lavoro (o un’attività extralavorativa) durante la malattia, ma la tipologia di attività. In sostanza, affinché il dipendente non rischi nulla sul piano disciplinare ed economico, è essenziale che le attività non pregiudichino o ritardino la guarigione.
Inoltre, nella legge italiana non vi sono disposizioni che – in assoluto – impediscono o vietano al lavoratore, o alla lavoratrice, di prestare altra attività – anche in favore di terzi – durante i giorni di assenza per malattia. Pertanto il mero fatto in sé dell’attività alternativa non rappresenta inadempimento degli obblighi imposti al prestatore d’opera, e dunque valida motivazione per procedere disciplinarmente contro il dipendente – fino al licenziamento disciplinare.
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In altre parole, il lavoratore malato non è obbligato ad astenersi da ogni altra attività perché, secondo il nostro ordinamento, la nozione di malattia comprende tutte quelle situazioni in cui il problema medico abbia causato una temporanea incapacità ad una determinata prestazione – ma non a tutte.
Pertanto può ben succedere che un lavoratore malato non possa svolgere l’attività in azienda, pur al contempo residuando capacità psico-fisiche utili a svolgere una diversa attività di lavoro.
Obblighi di correttezza, diligenza, buona fede e fedeltà
Talvolta l’esercizio di un’altra attività, da parte del dipendente malato, espone però al licenziamento. Si tratta di tutte quelle situazioni in cui l’attività stessa violi i doveri di correttezza, diligenza, buona fede e fedeltà, ossia i casi in cui l’attività svolta durante la malattia, individuata e accertata dall’agenzia investigativa, possa:
- far desumere l’assenza di un’effettiva malattia (simulazione);
- mettere a rischio o anche solo potenzialmente ritardare la guarigione e quindi il rientro sul luogo di lavoro.
Sarà però compito del datore di lavoro fornire la prova che la malattia in oggetto sia simulata, oppure che l’attività di lavoro svolta durante l’assenza sia potenzialmente tale da pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente stesso.
Si può licenziare chi svolge un altro lavoro durante la malattia? I chiarimenti della Cassazione
Si tratta di considerazioni di merito, che riguarderanno fatti concreti, natura e caratteristiche dell’infermità, come pure le mansioni svolte sul luogo di lavoro, ma attenzione: la relativa valutazione non competerà all’investigatore privato incaricato dall’azienda di far luce sulla vicenda.
Nei fatti di causa, da cui l’ordinanza n. 12152 del 6 maggio scorso, la Corte ha infatti rimarcato quanto segue:
- un datore di lavoro può verificare l’effettivo stato di malattia di un proprio dipendente, in modo da garantirsi che quest’ultimo non compia azioni tali da ritardare o compromettere una pronta guarigione;
- i relativi controlli sul comportamento del lavoratore in malattia possono essere svolti sia in proprio che attraverso un’agenzia investigativa che, tramite professionisti incaricati, cercherà di fare luce su eventuali violazioni;
- gli investigatori privati potranno fornire materiale utile ad acclarare comportamenti e attività del lavoratore malato, senza però poter esprimere valutazioni di stampo medico, in merito ad azioni non opportune rispetto alla pronta guarigione o ad una eventuale simulazione della malattia.
Piuttosto sarà compito del magistrato, alla luce di quanto emerso in corso di causa, esprimere un giudizio di merito sul comportamento del dipendente assente per malattia e accertare, eventualmente, l’inadempienza che giustifica il licenziamento disciplinare.
Non a caso la vicenda giudiziaria, che aveva avuto origine dal licenziamento del lavoratore dopo gli accertamenti dei detective per conto dell’azienda, produsse in secondo grado un esito favorevole al dipendente. La Corte di Appello dichiarò illegittimo il licenziamento e, di conseguenza, impose il reintegro del lavoratore sul posto di lavoro, perché le attività accertate dall’agenzia investigativa non erano di per sé attività in grado di porre a rischio la guarigione o tali da far emergere una simulazione di malattia.
Sì al reintegro del lavoratore licenziato
Resta a carico del datore di lavoro l’onere della prova di tutti gli elementi di fatto che giustificano il licenziamento, non essendo sufficiente il mero accertamento dell’attività di lavoro da parte dei detective.
Ad ulteriore chiarimento riportiamo alcune parole dell’ordinanza in oggetto:
In materia di licenziamento disciplinare intimato per lo svolgimento di altra attività, lavorativa o extralavorativa, durante l’assenza per malattia del dipendente, grava sul datore di lavoro la prova che la malattia in questione sia simulata ovvero che la predetta attività sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente medesimo, atteso che l’art. 5 della I. n. 604 del 1966 pone a carico del datore di lavoro l’onere della prova di tutti gli elementi di fatto che integrano la fattispecie che giustifica il licenziamento e, dunque, di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, idonee a connotare l’illecito disciplinare contestato”
Nel corso del procedimento, da cui ha avuto origine l’ordinanza citata, le attività compiute dal lavoratore – così come segnalate dall’agenzia investigativa – seppure avutesi nella loro materialità, non sono risultate tali da pregiudicare la guarigione. Conseguentemente la Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento, disponendo il reintegro del dipendente.