Incostituzionale l’art. 4 del D. Lgs. 23/2015 sull’indennità risarcitoria legata ai vizi di motivazione del licenziamento ovvero ai vizi procedurali. In particolare, nei casi di anzianità modesta si riducono in modo apprezzabile sia la funzione compensativa sia l’efficacia deterrente della tutela indennitaria.
Infatti, la soglia minima di due mensilità non è sempre in grado di porre rimedio all’inadeguatezza del ristoro riconosciuto dalla legge. In altre parole, il criterio di commisurazione dell’indennità da corrispondere per i licenziamenti viziati sotto il profilo formale o procedurale, ancorato in via esclusiva all’anzianità di servizio:
- da una parte, non fa che accentuare la marginalità dei vizi formali e procedurali;
- dall’altra, ne svaluta ancor più la funzione di garanzia di fondamentali valori di civiltà giuridica, orientati alla tutela della dignità della persona del lavoratore.
È quanto dichiarato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 150, depositata il 16 luglio 2020. I giudici costituzionali, dunque, bocciano le norme sui licenziamenti contenute nella disciplina attuativa del Jobs Act.
Licenziamento illegittimo per vizi formali: il caso
Il Tribunale ordinario di Bari, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del D.Lgs. n. 23/2015. Nello specifico, il problema sorge nella parte in cui prevede un criterio legato alla sola anzianità di servizio per la determinazione dell’indennità da corrispondere nell’ipotesi di licenziamento viziato dal punto di vista formale o procedurale.
Il giudice, in sostanza, ha escluso il ricorrere di ipotesi di nullità o di illegittimità sostanziale del licenziamento. Inoltre, ha riscontrato soltanto vizi formali, consistenti nella mancata contestazione di uno degli addebiti e, per tutte le violazioni, nell’inosservanza della previsione del contratto collettivo, che impone, al momento della contestazione degli addebiti, di comunicare per iscritto al lavoratore il termine entro il quale potrà presentare gli argomenti a propria difesa.
Il giudizio è proseguito unicamente per la determinazione dell’indennità da corrispondere per il licenziamento viziato dal punto di vista formale o procedurale. In tale contesto, dunque, il rimettente ha sollevato d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del D.Lgs. n. 23/2015, che la disciplina.
Licenziamento illegittimo per vizi formali: la sentenza
La Corte, in particolare, ha dichiarato l’indennità risarcitoria del Jobs Act (art. 4 del D.Lgs. n. 23/2015) incostituzionale là dove fissava l’ammontare dell’indennità in un importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio
La Corte, nello specifico, ha ritenuto contrastante con i princìpi di eguaglianza e di ragionevolezza e con la tutela del lavoro in tutte le sue forme, l’analogo criterio di commisurazione dell’indennità previsto per il licenziamento affetto da vizi formali o procedurali.
Le prescrizioni formali, relative all’obbligo di motivazione del licenziamento e al principio del contraddittorio, affermano i giudici, rivestono una essenziale funzione di garanzia, ispirata a valori di civiltà giuridica e sono riconducibili al principio di tutela del lavoro, in quanto si prefiggono di tutelare la dignità del lavoratore.
Violazione del principio di ragionevolezza
Sul tema, la Corte di Cassazione ha ravvisato la violazione del principio di ragionevolezza, che si esprime come esigenza una tutela adeguata. Quindi, occorre attribuire il doveroso rilievo al fatto, in sé sempre traumatico, dell’espulsione del lavoratore, attraverso il riconoscimento del giusto ristoro e la salvaguardia di una efficace funzione dissuasiva della tutela indennitaria.
Ne deriva che la rigida predeterminazione dell’indennità, sulla base della sola anzianità di servizio, vìola anche gli artt. 4 e 35 della Costituzione, che tutelano la giusta procedura di licenziamento, diretta a salvaguardare pienamente la dignità della persona del lavoratore.
Il giudice, nel rispetto delle soglie oggi fissate dal legislatore, ha determinato l’indennità tenendo conto innanzitutto dell’anzianità di servizio, che rappresenta la base di partenza della valutazione. In chiave correttiva, con apprezzamento congruamente motivato, il giudice potrà ponderare anche altri criteri desumibili dal sistema, che concorrano a rendere la determinazione dell’indennità aderente alle particolarità del caso concreto».
Infine, potranno venire in rilievo, in tale valutazione, anche:
- la gravità delle violazioni;
- il numero degli occupati;
- le dimensioni dell’impresa;
- il comportamento;
- le condizioni delle parti.