È valida la lettera di licenziamento per motivi disciplinari anche se nella missiva non si riportano dettagliatamente le contestazioni precedenti che portano all’allontanamento del lavoratore. Tale obbligo, infatti, non sussiste se non integrano gli elementi costitutivi del fatto contestato. Ciò in quanto si tratta di semplici precedenti negativi riferiti alla condotta del dipendente e che rilevano esclusivamente nella determinazione e nella proporzionalità della sanzione da irrogare.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30564 del 26 novembre 2018.
Lettera di licenziamento disciplinare senza contestazioni precedenti: il caso
Nel caso di specie, un operaio veniva licenziato per aver utilizzato una vernice errata nell’espletamento delle proprie mansioni, il che ha provocato irrimediabilmente la lesione del vincolo fiduciario. Il lavoratore impugna il provvedimento di licenziamento intimatogli dalla società, ma soccombe sia in primo che secondo grado di giudizio.
In particolare, il giudice della Corte d’Appello di Milano osservava che i precedenti disciplinari evocati nella lettera di contestazione venivano in rilievo non come elementi costitutivi della condotta addebitata bensì come mere circostanze finalizzate all’apprezzamento della congruità e proporzionalità del provvedimento disciplinare.
Il lavoratore resiste nuovamente e propone ricorso in Cassazione affidato a quattro motivi.
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Motivazioni del ricorso in Cassazione
Il lavoratore ritiene che:
- innanzitutto non vi è il rispetto del procedimento disciplinare di licenziamento di cui all’art. 7 della L. n. 300/1970. Ciò in considerazione del fatto di aver escluso che i precedenti disciplinari richiamati nella lettera di licenziamento si configurassero quali elemento costitutivo della condotta addebitata ed in quanto tali dovessero, pertanto, essere oggetto di preventiva contestazione;
- inoltre si escludeva che la recidiva si configurasse quale elemento costitutivo dell’illecito. Ma non solo. La sentenza ha assunto le reiterate sanzioni disciplinari quali circostanze confermative della giusta causa di licenziamento sotto il profilo della proporzionalità della sanzione espulsiva connessa alla reiterata e persistente violazione dell’obbligo di diligenza;
- la terza motivazione attiene alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 cod. civ. In pratica, la valutazione del licenziamento si è basata sulla sola generica sussistenza di precedenti. Quindi venivano prese in considerazione tutte le circostanze del caso quali la bassa scolarizzazione del lavoratore, il basso livello di inquadramento, l’assenza, per i primi tre anni del rapporto lavorativo, di illeciti disciplinari;
- infine, il lavoratore lamenta che la Corte d’Appello non ha ammesso alla prova orale due colleghi di lavoro del dipendente. Questi ultimi prestavano la propria attività nello stesso reparto verniciatura utilizzando vernici che indicava a tutti gli operai il capo reparto.
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La sentenza della Cassazione
I giudici della Corte di Cassazione respingono il ricorso del lavoratore e ritengono il licenziamento legittimo. Innanzitutto affermano che il datore di lavoro non abbia in realtà violato la procedura disciplinare. Infatti, le precedenti sanzioni disciplinari richiamate nella lettera di licenziamento costituivano solo un criterio di valutazione della giusta causa di licenziamento.
Dunque non necessariamente il datore di lavoro deve riportare nella lettera di contestazione i precedenti di natura disciplinare che conducono al recesso; pur se si riportano nella lettera di licenziamento.
Tale orientamento è in linea con la recente giurisprudenza (Cass. 25/01/2018 n. 1909). Infatti è esclusa la necessità di previa contestazione anche dei precedenti disciplinari ove la recidiva venga in rilievo non quale elemento costitutivo del complessivo addebito che si formulava; ma quale mero precedente negativo della condotta, rilevante ai fini determinazione della sanzione proporzionata da irrogare per l’infrazione disciplinare commessa.