La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza n. 26143 del 21 novembre 2013 ha dichiarato legittimo il licenziamento del lavoratore che ha registrato le conversazioni dei colleghi a loro insaputa, anche se queste registrazioni sono state fatte per provare una situazione di mobbing.
La vicenda
Il lavoratore aveva impugnato il suo licenziamento intimatogli nel 2008 dall’Azienda ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino per la grave situazione di sfiducia, sospetto e mancanza di collaborazione venutasi a creare all’interno della “equipe” medica di chirurgia plastica dovuta al fatto che il medesimo aveva registrato brani di conversazione di numerosi suoi colleghi a loro insaputa, in violazione del loro diritto di riservatezza, per poi utilizzarli in sede giudiziaria.
Prima il Tribunale e poi la Corte d’Appello di Torino, avevano confermato il licenziamento, affermando che la condotta tenuta dall’uomo integrava “gli estremi della giusta causa di recesso in conseguenza della irrimediabile lesione del vincolo fiduciario con la parte datoriale”.
Cassazione
Lo stesso lavoratore ricorreva in Cassazione, ma la stessa Corte ha confermato le sentenze emesse dai giudici di merito, in quanto, si legge nella sentenza, il lavoratore ha avuto un comportamento tale da integrare una evidente violazione del diritto alla riservatezza dei suoi colleghi, avendo registrato e diffuso le loro conversazioni intrattenute in un ambito strettamente lavorativo ed anche nei loro momenti privati svoltisi negli spogliatoi o nei locali di comune frequentazione, utilizzandole strumentalmente per una denunzia di mobbing, rivelatasi, tra l’altro, infondata.
Conclusione
L’aver registrato le conversazioni fra colleghi, per di più anche in luoghi estranei al posto di lavoro, anche se per dimostrare degli atti di mobbing nei suoi confronti, ha irrimediabilmente leso il legame fiduciario tra azienda e lavoratore che ne ha legittimato il licenziamento.