Con sentenza numero 25674 del 4 dicembre 2014 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimi i controlli dei lavoratori da parte del datore di lavoro tramite un’agenzia investigativa a tutela del proprio patrimonio aziendale.
La lavoratrice, addetta alla cassa di un supermercato, era stata licenziata dal proprio datore di lavoro, una nota catena di supermercati, per la mancata registrazione della vendita di alcuni prodotti e per l’appropriazione indebita delle relative somme incassate in due ipotesi differenti a distanza di soli due giorni.
La lavoratrice ricorreva contro il licenziamento a norma dello statuto dei lavoratori, chiedendo la reintegra sul posto di lavoro contestando l’intempestività dell’addebito disciplinare e il controllo (illecito) occulto operato sulla sua attività di cassiera da parte di una agenzia investigativa, ritenendo a suo avviso la sanzione sproporzionata.
La Corte di appello rigettava l’appello proposto dalla lavoratrice avverso la sentenza emessa dal Tribunale di primo grado che aveva rigettato la domanda della stessa diretta all’annullamento del licenziamento per giusta causa intimatole dal datore di lavoro.
La Corte Territoriale richiamava, a fondamento della sua decisione, la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale sono legittimi e non violano lo Statuto dei lavoratori i controlli del datore di lavoro a mezzo di agenzia investigativa se diretti non a verificare il mero eventuale inadempimento contrattuale del lavoratore, ma illeciti riguardanti il patrimonio aziendale.
Circa la pretesa intempestività della contestazione la stessa era stata tempestiva in quanto presupponeva comunque una verifica non superficiale dei fatti: la lavoratrice si era peraltro giustificata con allegazioni specifiche (non aver mai visto i prodotti menzionati alla cassa) e quindi si era dimostrata in grado di difendersi.
La sanzione non era sproporzionata tenute presenti le specifiche mansioni svolte dalla lavoratrice, in quanto si era trattato di appropriazione di somme e inoltre il comportamento era stato reiterato in sole 48 ore.
La lavoratrice ricorreva comunque in Cassazione, contro tutti e tre i motivi rilevati dalla Corte Territoriale, ma la Suprema Corte, con la presente sentenza ha rigettato il ricorso ritenendo infondati tutti i motivi del ricorso presentato dalla lavoratrice e ritenendo pertanto legittimo il licenziamento disciplinare e l’uso del controllo dei lavoratori tramite agenzia investigativa, se diretto a tutelare il patrimonio aziendale.