Una fresca sentenza della Corte Costituzionale, la n. 149 depositata il 18 luglio 2023, ha una notevole importanza in tema di lavoro. Infatti il provvedimento ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del cd. Decreto Rilancio nella specifica porzione del testo, nella quale emerge come troppo restrittivo, sotto il profilo dei requisiti che deve avere il datore di lavoro straniero, l’iter per l’emersione dal lavoro nero.
In molti probabilmente ricorderanno il citato Decreto, emanato per far fronte alla pandemia: ebbene nel provvedimento del 2020, secondo la Consulta, vi è una incostituzionale restrizione, che favorirebbe soltanto i datori di lavoro con permesso di soggiorno UE di lungo periodo. La Corte ha dichiarato così illegittimo l’art. 103, comma 1, D.L. 34/2020, su iniziativa sul tema avanzata dal TAR Liguria.
Vediamo allora più da vicino gli aspetti chiave di una sentenza che sicuramente ha molto rilievo, e che oggi rende più facile sanare i dipendenti in nero.
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Imprenditori extra UE e lavoro nero: il caso concreto all’attenzione della Consulta
La Consulta, grazie alla citata sentenza n. 149 di questo mese, ha – dicevamo – dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 103, comma 1, del Dl 19 maggio 2020, n. 34 – il citato Decreto Rilancio – nella parte in cui indica che la domanda per concludere un contratto di lavoro dipendente con cittadini stranieri presenti in Italia o per dichiarare la presenza di un rapporto di lavoro nero o irregolare, al momento in corso, con cittadini italiani o stranieri possa essere fatta:
- soltanto da datori di lavoro stranieri con permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo,
- invece che da datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro paese.
Questo giudice è stato in particolare chiamato a considerare il ricorso per l’annullamento del provvedimento con cui la Prefettura di Genova – Sportello unico per l’immigrazione aveva stabilito il rigetto della domanda di emersione del lavoro nero del lavoratore – in base proprio a quanto previsto nel Decreto Rilancio – poiché il datore richiedente non era titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo.
La questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR
Il TAR della Liguria ha sollevato una questione di legittimità in riferimento all’art. 3 della Costituzione, che indica l’equiparazione di tutti i cittadini per dignità sociale ed indipendentemente da ragioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali.
Ebbene l’art. 103, comma 1, del Decreto Rilancio andrebbe contro l’art. 3, primo comma, della Costituzione e dunque il principio di uguaglianza – perché indica un requisito più rigido rispetto a quello disposto in via generale dal Testo Unico sull’immigrazione. Questo infatti permette a ogni “datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia” di porre in atto un rapporto di lavoro subordinato.
Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata dall’Avvocatura generale dello Stato, una tesi ben diversa e mirata a sottolineare che non vi sarebbe un “allargamento costituzionalmente obbligato” della platea dei datori di lavoro abilitati a presentare la domanda di emersione lavoro nero. Detta tesi però non è stata accolta.
Le ragioni della decisione della Corte
La Corte Costituzionale ha appunto dichiarato l’incostituzionalità di una parte del Decreto Rilancio, che di fatto va contro le norme di legge, che permettono di instaurare un rapporto di lavoro dipendente con uno straniero a:
- ogni datore di lavoro straniero,
- regolarmente soggiornante nel nostro paese.
Insomma l’art. 103, comma 1 del Decreto Rilancio è secondo la Consulta:
manifestamente irragionevole, in quanto stabilisce un requisito di accesso alla procedura di emersione degli stranieri dal lavoro irregolare eccessivamente restrittivo.
Non solo. La norma incostituzionale ostacolerebbe anche il conseguimento degli obiettivi dello stesso legislatore, che mirano invece alla più ampia emersione del lavoro nero – grazie a norme che la agevolino il più possibile.
Ed ancora, secondo la Consulta il requisito del permesso di lunga durata è da considerarsi arbitrario, irragionevole ed inopportuno, tenuto conto delle peculiari finalità della procedura di emersione del lavoro nero di cui al Decreto Rilancio – legate alla garanzia di livelli adeguati di protezione della salute individuale e collettiva causa pandemia e all’agevolazione dell’emersione di rapporti di lavoro in nero.
Conclusioni
Quanto dichiarato incostituzionale dalla Consulta circoscrive eccessivamente la “platea” dei datori di lavori abilitati ad utilizzare l’iter di emersione lavoro nero o irregolare (dichiarazione di sussistenza) e, al contempo, compromette la realizzazione degli obiettivi voluti dal legislatore, che riguardano la tutela di ogni lavoratore, come pure il buon funzionamento del mercato del lavoro nel nostro paese. Ecco perché la sentenza n. 149 ha indicato l’illegittimità costituzionale dell’art. 103, comma 1, del Decreto Rilancio.
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