Sei stato messo sotto accusa dal tuo datore di lavoro perché esegui la prestazione lavorativa troppo lentamente? Altri lavoratori di pari livello ed esperienza avrebbero eseguito il tuo lavoro in molto meno tempo? Sappi che l’azienda potrebbe licenziarti per motivi disciplinari. Infatti, lo scarso rendimento sul lavoro è uno dei motivi ai quali il datore di lavoro può ricorrere per evitare un rallentamento della produzione; e quindi una diminuzione drastica del proprio fatturato.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza 17685/2018 depositata il 5 luglio. Il licenziamento, però non è immediato in quanto occorre almeno un precedente richiamo; quindi vi deve essere il rispetto di tutto il procedimento disciplinare contenuto nell’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970). Non è mai licenziabile, infatti, un lavoratore dopo un solo richiamo, salvo che il fatto sia talmente grave da porsi come atto di insubordinazione.
Licenziamento per scarso rendimento: la vicenda
La vicenda trae origine da un licenziamento intimato ad un operaio per aver impiegato più di 3,5 ore di tempo per eseguire una lavorazione; la stessa lavorazione che un operaio con esperienza analoga avrebbe eseguito in poco più di mezz’ora, considerate, quali elementi costitutivi del potere espulsivo, tre precedenti sanzioni disciplinari conservative. L’attività lavorativa era stata monitorata mediante telecamere di controllo poste per esigenze organizzative e produttive che rivelano i tempi di lavoro di un dipendente.
La Corte d’Appello di Genova conferma la pronuncia di primo grado, respingendo il reclamo proposto dall’operaio, già destinatario di tre precedenti provvedimenti disciplinari di sospensione. Il licenziamento disciplinare comminato rispetta l’art. 10 del contratto collettivo nazionale del lavoro Metalmeccanica Industria privata; questo include come motivo di licenziamento la voluta negligenza o lentezza nell’esecuzione del lavoro.
L’operaio impugna la sentenza e ricorre in Cassazione. Tra i motivi del ricorso, l’operaio denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, Legge 20 maggio 1970, n. 300 (norma che regola la videosorveglianza) avendo erroneamente la Corte territoriale ritenuto tardivamente sollevato (e, comunque, infondato) l’ulteriore motivo di illegittimità del licenziamento consistente nella sottoposizione del lavoratore a controlli a distanza.
Operaio lento a rischi di licenziamento.
Licenziamento del lavoratore troppo lento: conclusioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ritieni i motivi infondati e respinge l’annullamento del licenziamento. Innanzitutto, affermano i giudici della Corte Suprema, l’istituto della recidiva presenta caratteri autonomi rispetto all’istituto regolato dal diritto penale, costituendo espressione unilaterale di autonomia privata del datore di lavoro, in relazione alla quale l’impugnazione da parte del lavoratore sanzionato è solo eventuale e, in ogni caso, non costituisce causa di sospensione della sua efficacia.
Per quanto riguarda, invece, le censure sollevate dal ricorrente in merito a controlli a distanza, la Cassazione ritiene corretta e conforme a un consolidato orientamento della Cassazione la conclusione del giudice d’Appello. In pratica, viene affermato che non è soggetta alla normativa vigente l’installazione di impianti ed apparecchiature di controllo poste per esigenze organizzative e produttive; o a l’installazione di impianti ed apparecchiature di controllo poste per esigenze organizzative e produttive o a tutela del patrimonio aziendale dalle quali non derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa. Non risulta quindi in alcun modo compromessa la dignità e riservatezza dei lavoratori.
In definitiva, è possibile evidenziare come è assolutamente licenziabile un lavoratore recidivo, destinatario di diverse sanzioni disciplinari conservative, che si rileva negligente e volutamente lento nell’esecuzione del suo lavoro. L’operaio è stato condannato al pagamento, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in 200,00 euro per esborsi e in 4.000,00 euro per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.