La pensione di reversibilità è una prestazione economica elargita ai familiari superstiti del pensionato! Spetta al coniuge, anche se separato o divorziato e purchè titolare di assegno di mantenimento o assegno divorzile, ai figli, qualora al momento della morte del genitore siano minorenni, inabili, studenti universitari e comunque a carico dei genitori. Inoltre il beneficio può essere erogato anche a favore dei nipoti minori, nel caso in cui questi siano, alla data di decesso del nonno, a carico dello stesso.
La legge prevede poi, in casi eccezionali, anche altri beneficiari: in mancanza dei soggetti sopraindicati, la reversibilità può essere riconosciuta ai fratelli celibi e sorelle nubili che siano inabili, non titolari di una pensione e che vivevano a carico della persona defunta.
Come si calcola la pensione di reversibilità
L’importo spettante ai superstiti è differente a seconda del soggetto che ne beneficia e si calcola sulla base della pensione percepita dal defunto, secondo i seguenti parametri:
- il 60% della pensione per il coniuge, se questi è l’unico beneficiario;
- il 70% per un solo figlio;
- l’ 80% per il coniuge e un figlio oppure quando vi sono solo due figli senza il coniuge;
- il 100% per il coniuge e più di tre figli;
- il 15% per ogni altro familiare.
E per il convivente more uxorio?
Uno degli argomenti più attuali, che tanto sta facendo discutere, riguarda il riconoscimento del diritto a percepire la reversibilità anche per il convivente more uxorio, ovvero quei soggetti, eterosessuali o omosessuali, che vivono insieme e sono legate da un vincolo affettivo, ma che non hanno contratto matrimonio civile o unione civile (istituto valido per le coppie dello stesso sesso).
Al riguardo non possiamo nascondere che il nostro ordinamento riconosce una maggiore tutela alla famiglia fondata sul matrimonio, anche se le convivenze tra coppie non sposate stanno acquistando sempre più rilevanza giuridica.
Infatti attualmente i conviventi hanno acquisito diversi diritti riconosciuti ai coniugi, tra cui la possibilità di regolamentare i loro rapporti patrimoniali attraverso un contratto di convivenza. Tuttavia la convivenza di fatto non dà diritto alla pensione di reversibilità a differenza delle unioni civili, alle quali invece, tale diritto è stato esteso.
La Corte di Cassazione sulla reversibilità al convivente
Coloro che speravano in una estensione del diritto ai conviventi ad opera della giurisprudenza sono rimasti delusi. Infatti la Corte di Cassazione con una recente decisione del 3 novembre 2016 (Sentenza n. 22318/2016) ha ribadito che al convivente non spetta la pensione di reversibilità in quanto anche se si tratta di convivenza stabile e duratura è comunque necessaria l’esistenza di un preesistente rapporto giuridico.
Secondo i Supremi Giudici infatti, non essendo totalmente equiparate la figure del coniuge a quella del convivente, non vi è alcuna violazione del principio di uguaglianza. Quest’ultimo infatti, non impone di regolare tutte le situazioni allo stesso modo, ma solamente di disciplinare in maniera simile situazioni simili e, in maniera diversa, situazioni diverse.