Con la sentenza numero 44 del 2024, la Corte Costituzionale è tornata sul Jobs Act, confermando che ai lavoratori di piccole imprese, assunti prima del 7 marzo 2015, si applica il regime di tutela del licenziamento individuale illegittimo, previsto per i contratti a tutela crescente. Questo nel caso in cui il datore di lavoro abbia superato il tetto dei 15 lavoratori occupati nell’unità produttiva in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute dopo la data di entrata in vigore della disciplina.
In sostanza con questa sentenza, depositata in cancelleria il 19 marzo, la Consulta di fatto dichiara che non è incostituzionale l’applicazione del contratto a tutele crescenti ai dipendenti già impiegati in piccole imprese.
Ecco allora alcuni interessanti dettagli su un provvedimento riguardanti tutele e diritti dei lavoratori.
Jobs Act, contratto a tutele crescenti per i dipendenti di piccole imprese. La Sentenza della Consulta
La sentenza della Corte giunge al termine di un giudizio di legittimità costituzionale, avente ad oggetto l’art. 1, comma 3, del d. lgs. 4 marzo 2015, n. 23 (“Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”).
Detto giudizio è stato promosso, con le consuete formalità procedurali, dal Tribunale di Lecce, sezione lavoro, nell’ambito di un previo iter e con ordinanza del 20 aprile dello scorso anno. La sezione lavoro aveva infatti sollevato alcune questioni di legittimità costituzionale, inerenti i rapporti tra alcune norme giuslavoristiche e gli artt. 76 e 77, primo comma della Costituzione.
In particolare il giudice pugliese aveva censurato la disciplina del testo del 2015, deducendo la violazione dell’art. 76 della Costituzione, in riferimento ai criteri di delega fissati dall’art. 1, comma 7, lettera c), della legge n. 183 del 2014 – il cd. Jobs act che reca numerose ed estese deleghe al Governo per la riforma del mercato del lavoro.
Secondo il Tribunale di Lecce, l’oggetto della delega in quanto circoscritto alle ‘nuove assunzioni’ – vale a dire ai lavoratori ‘giovani’ assunti dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 23 del 2015 (7 marzo 2015) – sarebbe violato in quanto il nuovo regime si applicherebbe anche ai dipendenti assunti prima di detta data, ma in piccole imprese che – soltanto in un momento successivo – abbiano superato la soglia di 15 dipendenti occupati nell’unità produttiva.
Il duplice e parallelo regime di tutela
Nel comunicato dell’Ufficio Comunicazione e Stampa della Corte costituzionale, si legge che secondo la delega legislativa, la disciplina dei licenziamenti doveva essere rivista “per le nuove assunzioni” in un assetto a doppio regime, ispirato alla logica per cui:
- i lavoratori in servizio alla data del 7 marzo 2015, che già avessero la tutela reintegratoria ex art. 18 statuto dei lavoratori, l’avrebbero conservata immutata anche in caso di licenziamenti intimati in un momento successivo;
- ai lavoratori assunti ex novo, a partire da tale data, si sarebbe applicata direttamente la nuova più circoscritta disciplina del decreto legislativo di cui sopra.
Ebbene, l’appena citato duplice e parallelo regime di tutela – si legge nel comunicato – è stato già vagliato dalla Corte con riferimento ai licenziamenti collettivi, in quanto “licenziamenti economici”, nella sentenza n. 7 di quest’anno. Essa ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, e 10 del d.lgs. n. 23 del 2015, sollevate denunciando la violazione dello stesso criterio di delega.
Non solo. Con la sentenza n. 22, anch’essa di quest’anno, la Consulta ha ritenuto violato il criterio di delega sotto altro e differente profilo ed ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, del decreto legislativo soltanto in relazione alla parola ‘espressamente’.
Compatibilità con la legge di delega
Tenuto conto di quanto sopra, nella sentenza n. 44 del 22 febbraio – ma depositata in cancelleria il 19 febbraio – la Consulta considera essere in piena sintonia con la legge di delega n. 183 o Jobs Act, la disciplina per i lavoratori che erano già in servizio al 7 marzo 2015, ma che all’epoca non godevano della tutela reintegratoria, in quanto non conseguito il requisito occupazionale di cui all’ottavo e nono comma dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Per essi, prosegue la Corte, trovava applicazione soltanto la tutela indennitaria di cui alla legge n. 604 del 1966, recante norme sui licenziamenti individuali.
In particolare, la Consulta ha considerato che il legislatore delegato, nell’esercizio del suo potere di integrazione del quadro normativo, poteva regolare anche la posizione dei lavoratori delle piccole imprese, per i quali non sussisteva un regime di tutela reintegratoria ex art. 18 da mantenere.
Ciò era possibile considerando lo ‘scopo’ della delega e il bilanciamento voluto dal legislatore delegante – indica il comunicato stampa dell’ufficio della Consulta.
In sintesi:
- da un lato non c’è stata una cd. regressione in peius per detti lavoratori, poiché la tutela del decreto legislativo è, comunque, più favorevole del regime della legge n. 604 del 1966, ad essi applicabile in passato, prima del superamento della soglia occupazionale;
- dall’altro è rispettato comunque lo scopo della delega nel senso che, se invece fosse stata permessa l’acquisizione ex novo del regime di tutela dell’art. 18, questo avrebbe potuto rappresentare una preclusione, per il datore di lavoro, a fare nuove assunzioni, ossia proprio quelle assunzioni che invece il legislatore delegante voleva sollecitare con la nuova disciplina.
Conclusioni
Come spiegato dal comunicato ad hoc dell’Ufficio Comunicazione e Stampa della Consulta, la sentenza n. 44 del 2024 di fatto ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, che permette l’attrazione nell’ambito applicativo del regime delle tutele crescenti anche di lavoratori subordinati di piccole imprese, già in servizio alla data del 7 marzo 2015:
in concomitanza e in conseguenza di assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato, successive all’entrata in vigore dello stesso decreto, che abbiano comportato il superamento dei limiti dimensionali previsti dall’art. 18, commi ottavo e nono, Statuto dei lavoratori.
In altre parole, non è violata la legge di delega, sotto questo profilo, e perciò ai lavoratori di piccole imprese, assunti prima dell’entrata in vigore del d. lgs., non si applica l’art. 18 Statuto dei lavoratori.
Piuttosto ad essi si applica il regime di tutela del licenziamento individuale illegittimo, disposto per i contratti a tutela crescente, nell’ipotesi nella quale il datore di lavoro abbia superato la soglia dimensionale di quindici lavoratori occupati nell’unità produttiva, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute dopo l’entrata in vigore del decreto stesso.
Testo della Sentenza
Alleghiamo per completezza il testo della Sentenza e il relativo Comunicato della Consulta.
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