E’ arrivata ieri, 11 gennaio 2017, la sentenza della Corte Costituzionale sull’ammissibilità del tre referendum abrogativi proposti dalla CGIL su articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, sui voucher e sulle norme limitative della responsabilità solidale tra appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore.
La Consulta ha dichiarato ammissibili i referendum sui voucher e sulla solidarietà nell’appalto mentre, ha ritenuto inammissibile la richiesta di referendum abrogativo sull’art. 18 Statuto dei lavoratori cosi come modificato dal Jobs act.
Referendum abrogativo sui Voucher
Per quanto riguarda i voucher o buoni lavoro, si chiede l’abrogazione di uno dei decreti attuativi del Jobs Act, il d. lgs. n.81/2015 che, rispetto alle precedenti normative ha notevolmente ampliato l’applicazione dei buoni lavoro (voucher). I voucher, nati nel 2008 per alcune tipologie di lavoro come il lavoro in agricoltura, lavoro di pensionati e studenti e, introdotto per far emergere il lavoro nero, negli ultimi anni è stato esteso ad altre categorie produttive, arrivando ad essere un modo per eludere le norme sulle assunzioni dei lavoratori favorendo ancor di più la piaga del precariato.
Referendum abrogativo in materia di appalti
Dichiarato ammissibile anche il referendum abrogativo in materia di appalti. Si vogliono abrogare le norme della Legge Biagi (in particolare il decreto legislativo per la “attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro” ) sull’appalto che, aveva cancellato dal nostro ordinamento la responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore verso il lavoratore nelle vicende relative appunto al rapporto di lavoro.
Referendum su articolo 18
Non ammissibile il referendum sui licenziamenti illegittimi previsti dall’art. 18 Statuto dei lavoratori così come riformato dal Jobs act. Lo scopo era di eliminare le disposizioni imposto dalla nuova disciplina del contratto a tutele crescenti che, attualmente prevede in caso di licenziamento illegittimo, anzichè la reintegra nel posto di lavoro, un’indennità che va da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità. La CGIL mirava con la proposizione di questo referendum, a reintrodurre anche per le imprese con cinque dipendenti e fino a 15 la tutela della reintegra nel posto di lavoro.
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